NUMERO 7
AGOSTO 98
 
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 PIERSANDRO PALLAVICINI

I lettori più assidui di 'tina avranno riconosciuto nella scrittura di stampo giovanilistico il tratto distintivo di questa rivistina. Ciò non significa però che altre scritture, magari più classiche o ricercate, non possano trovare il loro spazio. Il racconto di Piersandro che segue lo dimostra. Tutto, in questa storia, ha un che di archetipo: il linguaggio elegante, l'andamento in crescendo della vicenda, la figura quasi canonica del protagonista altoborghese. In realtà, questi elementi fanno da contrappunto a una situazione imprevedibile, dove i segni del cambiamento epocale a poco, a poco affiorano con grande potenza. E' la storia di due mondi che arrivano a sfiorarsi, e forse, per un attimo addirittura a coincidere. Una prova di scrittura controcorrente, e anche coraggiosa. Personalmente poi, trovo che la scena della prostituta in bagno sia un'invenzione narrativa davvero memorabile.
 

Una preghiera per il 2000
 
Il trentun dicembre del millenovecentonovantanove, un uomo di cinquant'anni - un direttore di banca dalle spalle larghe e il portamento da ex atleta - s’era ritrovato a passare da solo la notte che avrebbe chiuso il secondo millennio. L’uomo abitava a Milano, lo si poteva considerare benestante, e possedeva un appartamento vicino a S.Ambrogio, dove si era appunto rintanato, solo. La moglie - una donna molto più giovane di lui, attraente, bionda naturale, di ottima famiglia e con uno splendido corpo che lui adorava - lo aveva lasciato cinque mesi prima. Per l’uomo era stata una sorpresa. La loro gli pareva una vita felice, di sua moglie si era sempre ritenuto innamorato, e altrettanto avrebbe detto di lei. Quell’abbandono inatteso, allora, lo aveva travolto come una catastrofe.
Nei mesi che erano seguiti, gli era passata la voglia di tutto. Cercava di mantenere il controllo sul lavoro, ma niente di più: non usciva, frequentava malvolentieri gli amici, e passava ore in casa a sentire musica (svogliatamente) o a vedere passivo i programmi di prima serata. Per quell’ultimo dell’anno - che si preannunciava giustamente fastoso, spettacolare, e, in definitiva, unico - aveva pensato che non avrebbe retto il chiasso, le risate, che non avrebbe sopportato i brindisi e gli auguri. Così aveva ordinato un'ottima cena in una delle migliori gastronomie del centro, in frigo aveva messo a raffreddare dello champagne di gran marca (due bottiglie: una per il pasto, una da stappare a mezzanotte) e, nel pomeriggio, si era preoccupato di acquistare un paio di CD che pensava gli sarebbero potuti piacere. Ma alle dieci e trenta l’uomo, che non aveva mai smesso di mangiare in fretta, come da ragazzino, aveva già terminato la cena, durante la quale aveva assaggiato appena lo champagne e bevuto invece la solita acqua minerale. Era dunque perfettamente sazio e sobrio, quando la notte - si può dire - doveva ancora cominciare.
Allora, aveva provato ad accendere la TV (i CD non gli erano poi tanto piaciuti, e comunque non gli andava di ascoltarli per una seconda volta), ma era stato costretto a spegnerla subito, infastidito dal rumore e dalla stupidità delle trasmissioni, seccato da quel ridere e affannarsi che, si era detto, assumeva i toni dell'isteria.
A quel punto (le dieci e quaranta, appena!) si era arreso. Aveva dovuto ammettere che quella serata solitaria non poteva chiamarla una buona idea. Si era dato dell’orso, del testone, e rammaricato di non aver deciso all'ultimo momento di raggiungere l'una o l'altra delle cene cui era stato invitato e dove - aveva pensato dal piccolo abisso della propria solitudine - avrebbe almeno avuto qualcuno da evitare, o qualcosa di cui lamentarsi.
L’uomo era una persona orgogliosa, però, e sarebbe stato tardi, sarebbe stato imbarazzante presentarsi dall'uno o dall'altro amico proprio allora, proprio alle undici meno un quarto di quella certa serata. Così, se n'era dovuto rimanere semplicemente seduto in poltrona, col suo rammarico, fumandosi lento uno dei lussuosi avana che non si faceva mai mancare, e limitandosi a guardare, nel silenzio della sua bella casa, i percorsi densi e curvi del fumo, che gli appariva veloce nei movimenti e azzurrino, contro la luce bassa e debole dell'unica abat-jour accesa.

Piano, un poco alla volta, a furia di rimanere in poltrona nella casa silenziosa, qualcosa intorno all’uomo aveva preso a crescere e ispessirsi, fino a diventargli un disagio che lui non poteva ignorare. Erano le undici, quando finalmente si era scosso e alzato, riconoscendone la qualità: quel sentire non riguardava nè il suo esser solo nè l’amore bruscamente terminato con la moglie. Era inquietudine, nulla di più.
In cerca di pace, l'uomo s’affacciò alla finestra che dava sulla piazzetta del suo bel palazzo primi novecento, ma non vide nessuno. La piazzetta era deserta, e così le vie che da quella diramavano, e quel vuoto, quell’assenza, continuarono per il non piccolo tempo lungo il quale l’uomo, con l’inquietudine che invece d’andarsene cresceva, rimase a guardar giù. Allora, sfidando il freddo (era in sola camicia, poichè nel suo stabile non risparmiavano certo sul riscaldamento e le temperatura in casa era primaverile), aprì la finestra credendo di poter udire, senza lo schermo dei doppi vetri, almeno il rumore della città. Si aspettava, data la qualità speciale di quella notte, echi di musiche, brusio di folla, scoppi di fuochi d’artificio. Ma non udì niente di tutto questo: salvo il botto di qualche petardo lontano, il silenzio era tale che poteva distinguere, sottile, il ronzio dei lampioni. Si spaventò, un poco, e anche se si diede dello stupido - in fondo erano a Milano, non a Parigi o New York, e quella era una tranquilla e isolata zona residenziale - l’uomo non potè fare a meno di sentire l’inquietudine farsi improvvisamente ansia, e crescere, quando gli parve di distinguere, forse nel ronzio dei lampioni o forse nel profondo del suo cuore, una sorta di vibrazione. Il sordo mugghiare di un qualche disastro, si disse - un poco scherzando e un poco no - che, ancora lontano, si avvicinava, prendeva corpo, montava. Era l’ultima notte del millennio in fondo, si disse ancora, mentre chiudeva la finestra e, adesso, provava a rivolgersi un sorriso.

Di nuovo al riparo dei doppi vetri, quell'idea di vibrazione se n'era andata (per fortuna!). A casaccio, l'uomo aveva girellato per il suo appartamento, aveva raddrizzato un paio di quadri, sfogliato un paio di riviste, aperto e chiuso il frigorifero accarezzando l'idea di un poco di champagne... Ma presto ne aveva avuto abbastanza. Anzichè calmarlo, quel girare senza scopo gli aveva dato sui nervi, e le mani avevano cominciato a tremargli.
Allora, seguendo un impulso improvviso, contento semplicemente di aver preso una decisione, senza cambiarsi indossò sopra la camicia il suo elegante cappotto inglese blu, e uscì. Quando fu giù, nella piazzetta (ancora deserta...), si fermò un secondo e tese le orecchie a caccia di quella certa vibrazione di prima. Ma udì invece aprirsi e subito richiudersi una finestra e, in mezzo, le risate concitate di una piccola festa e gli strilli di un programma televisivo. Un poco rincuorato (ma, attenzione: solo un poco), entrò in auto e partì, come si dice, in quarta, senza una precisa idea di dove andare.
L'uomo (questo questo lo guidava) stava cercando un po' dell'umanità che aveva voluto escludere dalla serata che avrebbe chiuso un'epoca. Stava cercando i fuochi d'artificio, la gente con le bottiglie pronte al botto agli angoli delle strade, i caroselli con le automobili. Ma non perchè ne sentisse la mancanza. Non perchè la sua solitudine cercata si fosse a un bel punto velata di malinconia. Di quell'umanità gaudente poteva farne tranquillamente a meno. L’uomo voleva solo vedere se c'era. O se invece - questo lo ammise scuotendo la testa e rivolgendosi un sorriso affettuoso - quella notte così particolare stesse già portando via tutti e tutto, insieme al millennio, preparando Milano allo scoccare della mezzanotte e all'arrivo di chissà quale immenso colpo finale.

Guidando, l'uomo superò in fretta il primo anello della circonvallazione (dove i passanti gli parvero rarissimi) e, dritto per via Cesare Correnti (deserta), presto fu sulla darsena. Tra i navigli e il parcheggio finalmente avvistò un piccolo traffico di uomini in abito scuro e di donne in grand soirèe. Si affrettavano verso l'ingresso dei locali - ristoranti, caffè, discoteche - che s'affacciavano su quella zona turistica di Milano e intuì come dietro le porte a vetri, dietro gli ingressi incorniciati da neon viola e arancioni, dovesse nascondersi la vera folla. E che tutti, quella sera, fossero allora nelle proprie case o nei ristoranti, lontani dal freddo che quell'inverno si faceva sentire, lontani dalla neve che ora cominciava – ecco i primi fiocchi – a cadere.
Capì insomma che era solo quello lo strano vuoto che aveva incontrato nel suo quartiere, e gli sembrò all'improvviso di ricordare (forse aveva intravisto un titolo sul Corriere, giorni prima) che fosse più in centro, in piazza del Duomo, dove si dovessero concentrare i pochi temerari interessati alle celebrazioni all'aperto, ai maxischermi in collegamento mondiale e alle altre diavolerie che la tecnica avrebbe offerto per il finale di millennio. L'uomo, rischiarato da questa piccola illuminazione, ritornando a sentirsi davvero meglio e vergognandosi (nemmeno poco) delle sue apprensioni da ragazzino, percorse l'alzaia del naviglio pavese e anche lì, dietro le vetrine appannate dei mille localini per provinciali, vide pigiata tutta la gente che mancava dalle strade. Fu soddisfatto, ora, e la vista degli addobbi di plastica, dei coriandoli, dei vestiti sbagliati delle signore, le vibrazioni dei ritmi e dei balli che uscivano da quelle vetrate non lo immalinconirono affatto. Provò di nuovo sollievo, anzi, e persino soddisfazione, per la solitudine che si era procurato.

Quando si ritrovò all'incrocio con i viali della circonvallazione, pensò che gli sarebbe bastato svoltare destra, e seguire un percorso che conosceva alla perfezione, per tornare in un minuto a casa sua. Ma era l'ultima notte del ventesimo secolo, l'ultima del secondo millennio, e dato che Milano era la sua città da sempre, pensò che potesse almeno girarvi ancora un poco, forse per porgere un omaggio o forse per dare un saluto ai luoghi e all'epoca che erano stati la sua vita, e che, ora, con quel netto cambio di data, gli sembrava dovessero chissà perchè obliterarsi, o sparire. Così, invece, prese a sinistra, lungo viale Ariosto, immettendosi nel rado traffico dei ritardatari (erano le undici e venti, ormai) che si affrettavano a raggiungere feste ed amici. Le poche automobili correvano (ma lui no) e mentre le guardava filar via, mentre le guardava sorpassare, lampeggiare d'abbaglianti, allontanarsi in accelerazione, nel chiuso del suo abitacolo riconobbe, di nuovo, la vibrazione che aveva avvertito prima, alla finestra di casa. Ma adesso credette di capire: era l'eccitazione di tutta Milano, l'orgasmo di un'intera città per l'ora che si avvicinava. Erano l'attesa e la voglia di esserci, per tempo e nella festa migliore, a quello storico cambio di data.
Sorrise, compiaciuto della bella trovata (si sarebbe divertito, prima o poi, a raccontarla) e superò l'incrocio con via Ripamonti. Poco più in la, lungo i marciapiedi della nuova porzione di viale, vide il solito spiegamento di prostitute. L'uomo ne fu sopreso, sulle prime, ma presto si diede dello stupido: quelle ragazze non facevano certo un lavoro che rispettava i giorni festivi! Non avevano nessun posto dove correre e anche quella notte se ne dovevano restar lì, limitandosi a metter su un'aria più stufa delle solite serate.
Poi, eco che dalle mise pacchiane e dalle moine delle prostitute l'uomo si sentì come riscaldare. Ah, gli parve che nulla di storico potesse succedere, dunque, quella notte! Le puttane erano al loro posto. L'ultimo dell'anno del millenovecentonovantanove era un giorno come gli altri, allora! Era solo una data. E non, come si era ritrovato qualche volta a pensare nei mesi precedenti, il segnale di una svolta, di un precipitare nel buio della sua vita, del quale l'abbandono di sua moglie poteva essere nient'altro che il primo scossone.
L'uomo - che era di una certa esperienza, ma da anni non frequentava prostitute - forse attraversato da un improvviso istinto di vendetta nei confronti della moglie o forse solo per uno di quei momenti di euforia da ragazzino che capitano alla sua età e ai quali non si riesce a opporsi, si ritrovò quasi suo malgrado a frenare a pochi passi da una ragazza africana. Poteva avere venti, venticinque anni. La prostituta si avvicinò, e quando bussò al finestrino, l'uomo si lasciò andare all’istinto e perse ogni indecisione. La ragazza gli fece la sua proposta (chiara articolata, con le tariffe per una consumazione "veloce", per un paio d'ore di compagnia o per trascorrere un'intera notte insieme) e lui, colpito dalla bellezza delle forme che intuiva sotto gli strass viola del vestitino e gli altissimi stivali, senza pensarci sopra scelse la tariffa numero due, e la fece salire.
Poi, quando ebbe riavviato l'automobile, sorpreso dal suo stesso gesto, si ritrovò a sorriderne. Lei se ne stava buona, lanciandogli un'occhiata, ogni tanto. Lui guidava e si diceva sto facendo questa cosa, ma è l'ultimo dell'anno, perdio. Anzi, è l'ultima notte del millennio, signori. E una piccola sciochezza, in fondo, si diceva ancora, non potrà far male a nessuno.

In fretta, furono di nuovo nella sua piazzetta - nel tragitto non avevano scambiato che poche parole e qualche altro sorriso - e, prima che scendesse, l'uomo pregò la ragazza di coprirsi col vecchio impermeabile che lui teneva sempre in auto. Con gli strass violetti che facevano capolino da sotto la tela beige e l'uomo che non si sentiva nè pentito nè preoccupato, salirono all'appartamento.
Quando furono dentro, lui le tolse quel capo sotto cui l'aveva fatta nascondere e, spinto da una frenesia che erano anni che non provava, non potè fare a meno di stringere a se l'africana che, ora, gli pareva ancor più bella e giovane di prima. Lei lo lasciò fare, e anzi, riacambiò l'abbraccio. Ma quando l'uomo - del quale si poteva dire che avesse perso la testa, ormai! - provò a baciarla sulla bocca, si ritrasse. Non bacio nessuno, disse, mai. Poi sorrise all'uomo, sul cui volto aveva visto dipingersi una delusione che nei suoi clienti di ogni sera non conosceva. Niente baci in bocca, ma faccio tutto quello che vuoi, si sentì in dovere di aggiungere (con una voce bella e piena di promesse che a lui provocò un brivido lungo la schiena). Tutto quello che ti pare, se tu ti metti il preservativo.
L'uomo annuì, appena imbarazzato. Ti puoi spogliare, subito? si ritrovò a chiederle. Prima vado in bagno, gli rispose la ragazza. Quando ritorno, sarò nuda.
L'uomo allora, tremando per l'eccitazione, le mostrò dove andare (la casa aveva due bagni, e la fece accomodare in quello più elegante e spazioso). Lei si chiuse la porta alle spalle e l'uomo, che continuava a non preoccuparsi della strana piega che aveva preso quella serata (ma anzi!), si sentì solleticare da una certa idea. Sono in casa mia, pensò. Nessuno mi vede, pensò ancora, e questa donna avrà un compenso non da poco. Furono proprio le parole che si disse, mentre si inginocchiava davanti al buco della serratura senza che un rimorso o un'ombra di colpa ne scalfissero il sorriso.

Ma ecco quello che vide: la giovane prostituta africana non aveva nemmeno cominciato a spogliarsi. Sedeva sul coperchio chiuso della tazza del wc, e frugava nella borsetta che aveva portato con sé in bagno. Alla fine, per la costernazione del suo cliente, ne aveva estratto una coroncina del rosario. Mentre se la rigirava tra le mani, l'uomo riuscì distinguerne i grani in plastica nera, e la povera fattura. Poi, come lui, anche l'africana s'inginocchiò (c’era tutto lo spazio necessario, tra la tazza e la vasca da bagno), e prese a percorrere la coroncina con le dita non belle, scure, in gesti sicuri e automatici, che accompagnavano preghiere che l'uomo - senza saper più cosa pensare - le vedeva affiorare mute sulle labbra. Rimasero così - lei inginocchiata nel bagno a pregare, lui inginocchiato a spiarla dal buco della serratura - per lunghi momenti e forse minuti, fino a che l'uomo, svanita ogni curiosità, si rialzò silenziosamente, con nell'anima qualcosa che poteva essere disgusto o la paura che genera il disvelarsi della follia. Se poco prima aveva pensato di spogliarsi anche lui, e di riceverla nudo, ora decise che l'avrebbe subito pagata, e riaccompagnata al viale senza nemmeno sfiorarla. Si diede dell'incosciente, per essersela portata in casa. Quella donna era una prostituta, ma non bastava: per quel che aveva visto, poteva essere una squilibrata. Inginocchiarsi e pregare, in bagno. In casa di uno sconosciuto. Prima di uscire nuda e, con quello sconosciuto, fare qualsiasi cosa le fosse stata richiesta. Tornando in soggiorno, scosso, l’uomo si sforzò di sorridere e provò a consolarsi pensando che almeno, in fondo, avrebbe avuto qualcosa di davvero memorabile da ricordare, per quel che riguardava l'ultima notte prima del duemila.

Così, al sicuro tra i legni, le vecchie fodere e i tappeti del soggiorno, contò dal portafogli il compenso richiesto dalla ragazza, e, un po' per rispetto e un po' per mettersi al sicuro, vi aggiunse qualche buona banconota in più. Mise il piccolo mazzo di biglietti bene in vista, nel vassoio d'argento sistemato al centro del tavolinetto liberty che usava come scrivania. Poi, sistematosi nella sua solita poltrona, di fronte alla finestra che dava sul cielo di Milano - in direzione piazza del Duomo. E la neve che non aveva preso a cadere! - si preparò a ricevere l'africana. Accese un sigaro, cercò di calmarsi. Si preparò, di qualunque tipo fosse stata l'uscita della prostituta e le sue pretese, ad accogliere la ragazza con la fermezza che la situazione imponeva, e la scomparsa di ogni eccitazione ora gli consentiva.
Finalmente (mancavano solo tre minuti a quella straordinaria mezzanotte) la porta del bagno si aprì. La prostituta raggiunse il soggiorno, con i piedi scalzi che sul parquet producevano uno scalpiccio morbido che all’uomo, per un attimo, ricordò certi pomeriggi e certe notti passati con suo moglie a fare le peggiori cose... Lei era completamente nuda, sorrideva, e subito chiese scusa per tutto il tempo che aveva impiegato. Ora che la vedeva così, l’uomo si accorse che doveva avere vent’anni, non di più. Il corpo era perfetto, la pelle meravigliosa. I movimenti languidi e aggraziati.
I tuoi soldi, disse lui, indicandoglieli e distogliendo a fatica lo sguardo dalle areole grandi, nerissime, e dai capezzoli carnosi che sormontavano i grossi seni. Prendili e copriti, disse ancora. Copriti subito, che ti riporto in strada.
Sul volto della prostituta, il sorriso si sciolse in un istante. Prese i soldi, li contò, ma le banconote in più non sembrarono farle poi quel grande piacere. Non ti vado bene? chiese. Non ti sembro bella? e nella sua voce l’uomo distinse un risentimento che lo spaventò.
Sorrise allora, spostandosi da una mano all’altra il sigaro che adesso gli pareva un oggetto ingombrante, ridicolo. No, disse, sei bella. Sei la donna più bella che io abbia visto da anni. E allora? chiese lei, ancora in piedi, incrociando le braccia e senza nascondere la rabbia che quel rifiuto le doveva fare. Sei impotente? O mi volevi prendere in giro?
L’uomo, in quelle parole udì un disprezzo che non credeva di meritare, e ora, non furono più solo fastidio e paura quel che lo animava. Niente affatto, disse, col risentimento che gl’inaspriva la voce. È che ho guardato dalla serratura, sai?, mentre eri in bagno. E ho visto quello che facevi. Io credo in dio, sai? E tu, quello che tu, la dentro, facevi...
Disse questo, ma non risucì ad aggiungere altro. Lasciò la frase in sospeso e scosse la testa, guardando via. Non sapeva trovare le parole giuste per spiegarle quel che aveva provato, mentre la spiava.
Poi, quando ebbe la forza di rialzare lo sguardo su di lei (che era stata zitta, così zitta che l’uomo ne aveva udito il respiro accelerare) vide le lacrime rigarle il viso, e, su quel viso, l’espressione di puro terrore di chi è stato scoperto alle prese con qualcosa di proibito. Di orribile, sacrilego e proibito.
Finiscono mille anni, adesso, disse l’africana, mentre l’uomo si alzava, e, senza sapere bene con quali intenzioni, le si faceva di un passo più vicino. Mille anni, capisci? disse ancora, con la voce rotta per il pianto non più trattenuto, e congiungendo le mani che avevano cominciato a tremarle. E io ho pregato, allora. Ho pregato il tuo dio. Ma crediamo nello stesso dio, io e te, finì per singhiozzare, con un tono che all’uomo parve umile, ora. Sottomesso. Il tono di una donna che cercava la pietà di qualcuno che, chissà perchè, poteva essere il suo boia.
Poi si udì un tuono possente, che fece tremare i vetri in tutta la casa. L’uomo e la prostituta si guardarono, col sangue gelato. E venne un nuovo rombo, e un nuovo tuono, che a loro parvero immani. Poi ancora, una variazione di luce ne catturò l’attenzione e si affacciarono alla finestra e guardarono fuori, sopra Milano. Verso piazza del duomo, il cielo si stava riempiendo di un incredibile giardino di fuochi artificali.
Era mezzanotte.
Nuovi botti presero ad esplodere sulle scie dei precedenti, e il frastuono fu ancora più terribile. Allora l’uomo, spinto forse dalla pietà o forse dallo spavento che li aveva uniti, fece l’ultimo passo e abbracciò quella donna nuda e piangente, che poteva essere pazza o solo spaventata, e la strinse con forza a sè. Lei nascose la testa sul suo petto, mentre il soggiorno del bell'appartamento in Sant'Ambrogio era illuminato dai lampi verdi e viola e gialli, dalle luci cangianti dei fuochi che, nella notte sopra Milano, non sembravano diminuire ma anzi acquistavano corpo, e volume, e fin lì, fin in quel soggiorno, facevano sentire la loro potenza, il loro immane dispiegarsi. Che all'uomo, improvvisamente, parve assumere un ritmo, un vibrare, una trama che trascendeva la celebrazione di quella pur grande, unica festa e, che, in un qualche strano modo (credette di riconoscere) assumeva il volto antico, misterioso e inappellabile, della punizione divina.
Ecco, credette di riconoscere questo... Poi, la prostituta alzò il viso, disse qualcosa che lui, a causa del frastuono, del terribile vibrare di vetri e infissi, non potè udire. E con le lacrime che non smettevano di riempirle gli occhi, gli si aggrappò alle spalle, le strinse con le brutte dita disperate, e iniziò un bacio.

 
 
Dicembre 2006

 

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Intro

FRANCESCA RAMOS
Domenica

FEDERICO MIOZZI
TEMA : “Racconta la tua settimana bianca”

MICHELE ROSSINI
Dentro una batana bianc’azzurra

GIORGIO FONTANA
In tempo di pace

ALESSIO ARENA
Il Santo


NOTE BIOGRAFICHE

 

SPECIALE
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