NUMERO 7
AGOSTO 98
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PAOLO NORI
La prima volta che ho letto il nome di Paolo
Nori è stato sulla rivista "Fernandel", dove aveva pubbicato
due bellissimi racconti dal taglio generazionale. Pochi giorni dopo,
per caso, l'ho conosciuto a Bologna alla presentazione della rivista
"VersoDove". A questo punto i termini "rivista"
e "Paolo Nori" cominciavano a unirsi così saldamente dentro
di me che, per reazione pavloviana, gli ho subito chiesto di comparire
anche in questa, di rivista. In realtà, Nori è un vero personaggio:
autore di una originalissima fanzine, traduttore (dal russo!) di
professione, mi ha inviato dei testi così differenti fra loro che
sembrava impossibile che fossero scritti dalla stessa persona: si
passava dalle favolette umoristiche d'impronta sovietica ai falsi
saggi biografici. Fra questi estremi, ho scelto due brevi racconti,
che raccontano episodi diversi della stessa vicenda e sono estremamente
divertenti. Non credo che siano rappresentativi del suo stile, ma
forse Nori è talmente ecltettico che nulla lo è.
Mi chiamo Learco e suono la tromba
Mi chiamo Learco e suono la tromba. Non suono molto bene, ho cominciato
che avevo già una certa età. La tromba è uno strumento difficile,
non so se avete mai provato. Io quando ci soffiavo dentro le prime
volte non succedeva niente. Dopo ho imparato un po a farla
suonare, però ogni tanto faccio ancora delle stecche abbastanza
impressionanti. Comunque sono riuscito a trovare un gruppo in cui
suonare, anche se non è che possa proprio vantarmi del mio gruppo.
Siamo in quattro, Mario alla fisarmonica, il signor Tanzi al basso,
Gabriele, detto Miasma, al chitarroncello e io alla tromba.
Mario è malato. È un megalomane, crede di essere tutto lui. Ma non
per modo di dire, lui è malato davvero. Mi ricordo al concerto di
Torricella. Purtroppo non so cosa, sarà stata lumidità, sta
di fatto che il concerto è iniziato con una stonatura di tromba
che ha fatto unimpressione bruttissima. Il padrone ha cominciato
a gridare Che musica di merda! e il pubblico ha cominciato a guardarci
con unaria come per dire Andate via prima che sia troppo tardi.
Be, Mario poi, alla fine, era mortificato. Diceva Ho steccato,
ho steccato, ho rovinato il concerto, mi dispiace.
Unaltra volta viene alle prove tutto contrito Coshai?,
gli chiediamo e lui Mi ha mollato la morosa. Noi abbiamo pensato
È andato, perché la morosa non ce laveva. Be, tutta
una giornata a sospirare, a mormorare Te quiero, Luz de mi vida,
poi abbiamo saputo che un suo amico aveva chiesto alla sua ragazza
spagnola di sposarlo e lei gli aveva risposto Te scuerdi e laveva
piantato.
Adesso Mario si è messo a dipingere acquerelli e a svegliarsi al
mattino prestissimo e ad andare a trovare tutta la gente che conosce
a degli orari insoliti, tipo le otto del mattino, e a lamentarsi
che non sa cosa fare, è successo dopo che suo babbo è andato in
pensione.
Il signor Tanzi, il bassista, è convinto di essere un comico e cerca
di inserire nei nostri spettacoli le sue battute penose. Dice che
non capisce la nostra resistenza al suo prepotente umorismo e sostiene
che io e Mario siamo invidiosi del suo talento e facciamo di tutto
per stornare lattenzione del pubblico. Si lamenta per esempio
del fatto che quando arrivano le giornaliste per intervistarci,
le giornaliste naturalmente si dirigono verso di noi, che è un indice
di carisma e magnetismo animale, e a lui e a Miasma non fanno nessuna
domanda. Una volta una giornalista ci ha chiesto, a me e a Mario,
"Che progetti avete?". Tanzi, che faceva finta di passare
di lì per caso, ha sentito e ha infilato il suo testone sorridente
sul tavolino e ha detto "Costruire autostrade!".
Putroppo Tanzi ci serve, perché porta limpianto ed è lunico
che ci capisce qualcosa nelle questioni tecniche, microfoni, amplificatori.
Lui se nè reso conto e se ne approfitta, e mentre monta limpianto
ci costringe ad ascoltare le sue battute. "Lo sapete perché
in Italia la giustizia è così lenta?" chiede. "No, Tanzi,
non lo sappiamo". "Per farsi raggiungere dallaministia.
E be, perché non ridete, non vi piace?" " No, Tanzi,
ci piace" "Certo, ci piace" "Ridiamo silenziosamente".
"Ah, mi sembrava" dice Tanzi mentre, con calma, monta
il primo microfono. "Allora se siete daccordo ve la ripeto,
così la imparate anche voi e possiamo inserirla nello spettacolo,
magari recitata a più voci. Siete daccordo?" "Ma,
Tanzi, non so" "Intendiamoci, è una bella battuta, ma
è un po troppo dattualità" "Noi facciamo cose
più estemporanee". "Cose estemporanee? i grandi perché!
Chissà perché i poveri non hanno spiccioli, hanno soltanto pochi
soldi? Chissà perché le persone di carattere hanno quasi sempre
un pessimo carattere? Chissà perché ancora nessuno ha pensato di
inventare un antiaperitivo per combattere la fame nel mondo? Chissà
perché il tutto oggi non basta più? Chissà perché tutti gli arrivati
provengono dai partiti? E be, perché non ridete?".
Gabriele, detto Miasma, è uno dei tipi più strani che conosco. Ha
tutti degli strumenti strani dentro delle buste di plastica, ascolta
delle musiche strane, legge dei libri strani e, soprattutto, mangia
delle cose strane e questo non è senza conseguenze.
Una volta, a Reggio Emilia, mi si avvicina sul palco con una busta
di plastica aperta e mi dice "Annusa, non senti odore di aceto?".
Dentro quella busta tiene le percussioni, i richiami per gli animali,
gli strumenti strani, "Odore di calzini sporchi", gli
dico. Passa qualche secondo e viene ancora da me, tutto sorridente
con la busta aperta, mi dice "Guarda". Gli strumenti non
ci sono più, in fondo alla busta cè lo scheletro di una banana,
"Miasma", gli dico. Lui tutto contento si avvicina a Mario
e gli dice "Guarda", gli apre la busta sotto gli occhi
e scoppia a ridere. Scende dal palco, va dalla padrona del locale,
le apre la busta sotto il naso, le dice "Guarda" e scoppia
a ridere tutto contento.
Comunque, andiamo avanti, staremo a vedere cosa succede. Se avete
bisogno di noi, noi siamo nella nostra stanzetta che aspettiamo
che ci chiamate.
Miasma e la rivoluzione copernicana
Una sera finiamo le prove, stiamo per andare a casa,
Gabriele, detto Miasma, dice Ragazzi cè la festa di laurea
di un mio amico, se volete venire, ci devessere pieno di figa.
E via che andiamo. Arriviamo, Miasma suona il campanello, viene
ad aprire un ragazzo in giacca e cravatta, con due occhialini da
professorino, Miasma gioviale dice Ciao, Matteo, congratulazioni!
Ho portato un paio di amici che desiderano anche loro congratularsi
con te. Congratulazioni, dice Mario, Congratulazioni, dice il signor
Tanzi, Congratulazioni, dico io. Ah. - dice Matteo - Sei venuto
anche tu. E hai portato tre tuoi amici - e ci squadra - Pulitevi
le scarpe prima di entrare. Ed entriamo alla festa di questo grandissimo
amico di Miasma.
Che dentro la cosa poi sembra mettersi meglio, in effetti cè
pieno di figa. Ok ragazzi - dice il Signor Tanzi - ognun per sé
e Dio per tutti, ci vediamo tra qualche coito, e avanza nella sala,
accosta una mora e le dice, simulando un improbabile accento francese
Buonà serà, sonò il signòr Tansì, sonò simpaticissimò e un po
passò. Non ci siamò per casò già vistì da qualché parté?.
Ok ragazzi, ognun per sé e Dio per tutti, dice Mario e sinoltra
nella festa; si becca la prima che gli capita, una bassotta che
sta ondeggiando al ritmo di uno shake e gli sorride e gli dice Ciao!
Io mi chiamo Roberta e faccio lestetista e tu?. Mario, megalomane
duro, crede di essere tutto lui, risponde Io mi chiamo Roberta e
faccio lestetista. Come? Non sento bene, la musica è troppo
alta dice lei e lui Eh, non sento bene, ho la musica alta. Ho anche
un po di otite, ho. E faccio lestetista.
Ok ragazzo - mi dice Miasma - vado a cercare qualche passera da
annusare e avanza nella bolgia lasciandomi solo vicino al buffet.
Mi giro appena e vedo una bionda con una minigonna nera e calze
nere autoreggenti, che quando si china per versarsi da bere si vede
la striscia di carne del retrocoscia sottochiappa. E di colpo si
gira di scatto e mi pianta negli occhi due occhi verdi leggermente
socchiusi, indagatori. Ciao, le dico, lei mi guarda senza dir niente.
Io sono Learco. Silenzio. Suono la tromba. Silenzio, e volge lo
sguardo verso la sala. Nei Botticelli. Silenzio. La tromba è uno
strumento difficile... Silenzio e posa il bicchiere. Eee... e tu,
cosa fai di bello?. Mi volta le spalle e se ne va, mi lascia lì
mortificato, la stronza. Che non mi piaceva neanche.
Mi guardo intorno, addocchio una poltrona in un angolo appartato
e mi vado a sedere, tiro fuori un libro dalla mia borsa e mi metto
a leggere, che mi vien meglio, e mi distraggo. Apro a caso e capito
su un racconto che parla di un bambino che si mette sempre le calze
a rovescio, e allora gli vengono fuori delle domande stranissime,
tipo perché i cassetti hanno i tavoli? perché le code hanno i pesci?
perché i baffi hanno i gatti? E siccome nessuno gli risponde si
ritira in cima a una montagna a inventare delle domande che scrive
in un quaderno e passa il tempo a cercare le risposte che non trova.
Perché lombra ha un pino? perché le nuvole non scrivono lettere?
perché i francobolli non bevono birra? E così diventa grande e gli
cresce la barba e lui, invece di tagliarsi la barba, scrive sul
suo quaderno perché la barba ha la faccia? Finisco di leggere, alzo
la testa e vedo che intorno a me, sul divano, ci sono gli altri
tre Botticelli, che ciondolano i testoni tutti sconsolati come per
dire Che ingiustizia però. E allora mi sembra una buona idea provare
a sollevargli lo spirito e leggere anche a loro il racconto di Rodari
e glielo leggo, non lavessi mai fatto.
Il primo a parlare è Mario e dice Perché Mario ha i Botticelii?.
No, ascolta - dice Tanzi - perché le stringhe hanno le scarpe, perché
i manici hanno le tazze, perché le bucce hanno le mele, perché gli
inchiostri hanno le penne, perché le pagine hanno i libri? Perché
le carte hanno i mazzi, perché gli occhiali hanno i nasi, perché
le unghie hanno i piedi?. Va be, pazienza, penso, non immagino
che il peggio sta per venire. Che Miasma si alza con due occhi spiritati
e dice Cazzo, cazzo, cazzo, una rivoluzione copernicana, cazzo,
cazzo. Perché le fighe hanno le ragazze? Oi oi oi oi oi! Ci gira
le spalle e si dirige verso la sala, si avvicina a una tipa e le
fa Ciao, io sono Gabriele, tu chi sei?, Io sono Pamela risponde
quella, al che Miasma si inginocchia e dice, rivolto agli organi
genitali della tipa Figa, perché hai intorno Pamela? Pamela resta
pietrificata per limbarazzo, mentre Miasma scoppia in un riso
beffardo e si dirige verso il centro della sala alla ricerca di
altre vittime. Si imbatte in una ragazza altissima con due tette
notevoli che sta fumando languidamente e le chiede, con un tono
che vorrebbe essere ammaliante Ciao, io sono Gabriele, tu, ti chiami?
Io mi chiamo Daniela, perché? risponde lei, sulle sue, e Miasma
punta lo sguardo al suo seno e dice Tette, a cosa serve quella Daniela
che avete intorno? e prosegue lasciandola lì ammutolita. Oi oi oi
- dice Miasma - questo volto non mi è nuovo e si inginocchia ai
piedi di una ragazza che gli gira le spalle e si mette a gridare
Buco del culo, gentilissimo buco del culo, a che cazzo serve la
Fiorenza che ti avvolge?.
Allora da dietro Fiorenza spunta un tipo barbuto che fa due passi
incerti verso Miasma e dallalto al basso gli sferra un pugno
in un occhio. Oi oi oi dice Miasma e poi non dice più niente e si
lascia prendere e caricare in macchina sotto lo sguardo scandalizzato
di tutti, con Matteo che ci dice Andate via, andate via... e lo
portiamo a casa, senza fiatare.
E niente, lo rivediamo dopo tre giorni, alle prove, che Tanzi gli
apre la porta e gli dice Oh, occhio nero, perché hai intorno quella
testa di cazzo di Gabriele?
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