NUMERO 0
MAGGIO 96
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FABIO
LUBRANO
Mi auguro che
il mondo delleditoria ufficiale si accorga in fretta di Fabio
Lubrano. Cè molta più poesia in uno qualsiasi dei suoi racconti
che in metà delle opere degli esordienti pubblicate questanno.
Fabio è capace di trovare il lato sensibile anche nelle situazioni
più quotidiane ed insignificanti. Non a caso una delle sue caratteristiche
è quella di far parlare gli oggetti inanimati. In letteratura questo
si ascrive generalmente al surrealismo, ma a me sembra più pertinente
far riferimento al concetto psicologico di animismo, vale a dire
la tendenza che hanno i bambini ad attribuire unintenzionalità,
unanima, anche agli oggetti. E Fabio animista lo è senzaltro,
anche quando non fa parlare gli oggetti.
La pianta delle fidanzate
Il Venerdì sera vado a fare il baby-sitter a una
bambina di sei anni. Si chiama Giulia e a quanto pare è molto orgogliosa
del suo nome. Ogni settimana le porto un pupazzo di peluche nuovo
e al momento di trovargli il nome si ripete sempre la stessa scena.
"Perché non lo chiamiamo Poldo?", propongo indicando l'orso.
"No, Giulia gli sta molto meglio", ribatte Giulia.
"Questo potremmo chiamarlo Basilio", suggerisco indicando
il coniglio.
"Si vede dalle orecchie che si chiama Giulia", ribatte
Giulia.
"Tibalda", indico l'oca.
"Giulia", ribatte Giulia.
E genitori di Giulia il Venerdì sera escono. Vanno al cinema o a
cena da amici o al bowling o a ballare. E io arrivo verso le otto
e li trovo che sono ancora in trattative. All'inizio sembrano non
saper cosa fare e si guardano in silenzio aspettando una reciproca
illuminazione. Poi balbettano qualcosa di sconnesso evitando di
guardarsi. Infine è un temporale di proposte e proteste attraversate
in tutte le loro permutazioni statistiche: se la moglie propone
il cinema il marito obietta che è da parecchio che non si fanno
vedere al ristorante; se il marito propone il bowling lei ribatte
che la settimana lavorativa è stata estenuante, quindi tanto vale
andare a ballare, stancarsi per stancarsi, almeno ci si sfoga. E
cos via. Riprendono le trattative sotto casa quando Giulia gli si
para dinanzi con le mani sui fianchi e perentoria dichiara:
"E' da una settimana che non lo vedo: lasciatemi sola con lui."
Loro a quel punto escono di casa e io e Giulia ci affacciamo alla
finestra per vederli ricominciare a litigare appena spuntano dal
portone.
Mi hanno scelto come baby-sitter quando Giulia
aveva solo sei mesi e dopo una durissima campagna elettorale combattuta
contro tre ragazze che avevano dalla loro il fatto di avere la a
alla fine del nome proprio. Generalmente si ha più fiducia nelle
ragazze, al momento di separarsi dai propri figli. Ma la mia rassicurante
timidezza, unita all'aureola che certamente è apparsa sopra la mia
testa al momento di vedere Giulia nella culla li ha convinti. Le
tre ragazze, appreso l'esito dello spoglio, mi hanno telefonato
una alla volta per dirmi che secondo loro ero frocio.
"No, però una sensibilità femminile sì", ha detto il padre
di Giulia quando gliel'ho raccontato, "dovresti fidanzarti
con una lesbica" ed è scoppiato a ridere come se avesse detto
una freddura indimenticabile.
La prima volta in cui io e Giulia ci siamo visti lei aveva ancora
sei mesi. Era lì che piagnucolava nella culla quando si è vista
sbucare all'improvviso la mia faccia aureolata. Mi ha sorriso subito.
Eo ho sorriso a mia volta gratificato, poi ho guardato meglio il
sorriso della bambina: era un sorriso protettivo! Ho avuto subito
l'impressione che mi sorridesse per farmi piacere. Peggio, mi sorrideva
come se volesse dirmi: lo so che non stai attraversando un bel periodo,
ma non ti preoccupare, li convinco io a prenderti. E quel suo fare
protettivo non se l'è più tolto di dosso. Quando le facevo il solletico
sotto i piedi o le pernacchie sulle mani, lei gorgogliava accondiscendente.
O anche più tardi, quando Giulia ha imparato a camminare e a parlare,
giocavamo a nascondino e lei mi spiava per capire se mi sentissi
a mio agio. Qualche volta, se sospettava la mia tristezza, mi dava
una carezza sulla guancia e io provavo una gran pena per me stesso
che riuscivo a non far degenerare in pianto lanciandola sul divano,
segno che era iniziata la battaglia coi cuscini.
Anche oggi quando ha aperto la porta di casa mi
ha accolto con quel suo modo di salutare con cui mi ha sempre accolto:
il modo di salutare che si usa con i bambini.
Oggi le ho portato una foca bianca di peluche.
"Almeno lei la chiamiamo Truvia", ho detto senza sperarlo.
"Giulia, Giulia", ha ribattuto Giulia.
Poi è andata nella sua cameretta e ha presentato Giulia agli altri
pupazzi:
"Giulia, lei è Giulia, lui è Giulia, Giulia, Giulia, Giulia
e Giulia."
E genitori, in salotto, dopo i catatonici sguardi e i balbettii
preliminari, hanno iniziato a litigare.
"FUORI!", ha ordinato dalla sua camera Giulia. Loro hanno
obbedito e mi hanno fatto le solite raccomandazioni:
"Mandala a letto alle dieci anche a martellate se protesta.
Domani ha l'asilo", ha detto la madre.
"Divertitevi e non vi preoccupate", ho detto io.
"Noi saremo di ritorno per le undici", ha detto il padre
e sono usciti. Io e Giulia ci siamo affacciati alla finestra per
vederli riprendere a litigare e, chiusi i vetri, le ho chiesto:
"A cosa mi fai giocare stasera?"
"Stasera facciamo la pozione magica", ha detto Giulia
andando a prendere una bottiglia di plastica e riempendola d'acqua
a metà.
"Ora dobbiamo trovare qualcosa da mettere dentro l'acqua",
mi ha spiegato, "poi agitiamo il tutto, la lasciamo riposare
e la versiamo sui gerani."
"Sui gerani forse è meglio di no", ho detto immaginando
la faccia sospettosa della madre il mattino dopo, alla vista dei
gerani assassinati e, sul tavolo, della bottiglia contenente la
pozione velenosa.
"Sì, sì, sui gerani", ha insistito Giulia.
"Non so se la mamma sarà contenta", ho detto immaginando
il seguito: Giulia mi protegge assumendosi ogni responsabilità sull'accaduto,
aumentando inevitabilmente nella madre la convinzione che non sono
in grado di oppormi alla bimba con la necessaria forza.
"Facciamo così", ho proposto, "intanto prepariamo
la pozione, poi la facciamo riposare, dopo tu vai a dormire e domani
mattina chiedi alla mamma se puoi uccidere i gerani."
"Va bene", ha detto Giulia incrociando le braccia pensosa,
"cosa ci mettiamo dentro?"
"Vediamo... per prima cosa...", ho provato a dire, ma
Giulia aveva già trovato la soluzione.
"Uno spaghetto crudo, per cominciare", ha decretato. Ha
appeso il suo sguardo alla maniglia dell'armadietto della pasta,
in alto, molto in alto rispetto alle avide mani di Giulia. Ma per
lei questo è irrilevante: ha appoggiato un piede sul pomello del
secondo cassetto dal basso, l'altro piede sulla manopola del gas,
il primo è giunto nel frattempo sopra il frigorifero e le sue mani
si sono già impadronite dello spaghetto crudo. Ha seguito il medesimo
percorso al contrario ed è ritornata con i due piedi finalmente
ben piantati per terra.
"A cosa pensi?", mi ha chiesto vedendomi silenzioso, assorto
in macabre visioni.
"Se mi arrampicassi così io, mi ammazzerei", ho risposto.
"Ma no", mi ha incoraggiato Giulia, intendendo dire: ci
sono qua io, non ti può succedere niente di male, "e adesso
whisky."
E' corsa in salotto, ha effettuato una ancor più pericolosa scalata
alla volta del mobile bar ed è tornata giù con la bottiglia fra
le braccia. Ha versato il liquido nella bottiglia, innaffiando coscienziosamente
lo spaghetto. Nei miei occhi è apparsa la visione di gerani ubriachi
intonare inni goliardici.
"E ora?", mi ha domandato con il pugno chiuso sotto il
mento, come la statua del pensatore a Parigi, "chissà cosa
spunta fuori..."
"E ora sicuramente un pezzettino di sapone", ho detto
conducendola in bagno. E il ragionamento che ho fatto è questo:
sicuramente spunterà fuori un mostro alcolizzato, ma almeno sarà
pulito. E abbiamo introdotto nella bottiglia anche il pezzettino
di sapone. Giulia ha mischiato con competenza il tutto.
"Adesso un po' di cenere", ho detto per avere la scusa
per fumare, "è noto che nessuna vera pozione può fare a meno
della cenere."
"Ti fanno male le sigarette", ha detto Giulia. Ogni volta
che me lo dice usa un tono che mi fa sentire addosso una dozzina
di tumori.
"Una...", ho detto spalancando la finestra, in modo che
quantomeno non faccia male a lei. Ho appagato l'orrendo vizio sotto
i suoi occhi costernati, ma adesso anche la cenere fa parte dell'intruglio.
"Ora?", ha chiesto Giulia.
"Ora... coriandoli, ce li hai ancora dei coriandoli?",
ho chiesto.
"No, carnevale è finito da un pezzo", ha detto Giulia.
"Non importa, i coriandoli ci sono sempre in una casa",
ho detto andando in camera sua, "dov'è il tuo vestito di carnevale?"
Ha aperto l'armadio e l'ha tirato fuori.
Si era travestita da bambina.
Però un coriandolo l'abbiamo trovato, attaccato con ostinazione
a una manica della piccola camicia. Ho fatto fatica a staccarlo,
sembrava che sapesse di essere l'ultimo coriandolo rimasto in casa
e non volesse turbare la distribuzione sul territorio della specie.
"Spaghetto crudo, whisky, sapone, cenere, coriandolo",
ha riassunto Giulia, "manca qualcosa?"
"Manca la cosa più importante di tutte", ho detto con
fare misterioso, ma intanto pensavo: e se adesso non ti viene in
mente niente, come ti giustifichi?
"Cioè?", ha chiesto Giulia.
"Prova a pensarci...", ho preso tempo. Mi chiedo perché
continuo a tentare di mostrarmi superiore a lei con questi stupidi
trucchi, "... proprio non ti viene in mente?"
"No", mi ha inchiodato Giulia. Ma per fortuna è venuto
in mente a me: "Petalo di geranio, altrimenti gli altri gerani
non riconoscono la pozione e non l'accettano nella loro terra."
"E' vero", ha ammesso Giulia, "bravo."
Abbiamo strappato un petalo e lo abbiamo mandato a rendere un po'
più gentile il veleno. Per la verità Giulia ne avrebbe voluti strappare
altri sette ("almeno quattro") ma sono riuscito a convincerla
che se ne avessimo messi troppi poi sarebbe spuntato un altro geranio
e allora era meglio andarselo a comprare direttamente.
"Hai ragione", ha ammesso per la seconda volta Giulia,
"vedi che non sei stupido?"
"E adesso la lasciamo riposare", ho detto e, data un'ultima
agitata alla bottiglia, l'ho appoggiata sul tavolo in salotto.
"Guardiamo un po' la televisione?", ha chiesto Giulia.
"No, la televisione fa male, giochiamo a qualcosa", ho
detto io.
"No, voglio vedere la televisione...", ha protestato Giulia.
"Niente televisione". ho detto io, con fermezza.
Abbiamo guardato la televisione.
"Oggi la mamma me l'ha fatta vedere solo tre quarti d'ora",
mi ha spiegato, "e io posso vederla un'ora al giorno."
"E va bene", ho acconsentito, "un quarto d'ora di
televisione e poi subito a letto ché sono già le dieci meno un quarto."
Ha acceso la televisione e si è impadronita del telecomando. Ha
scelto un film in cui un uomo e una donna si baciavano con ardente
passione.
"Si baciano?", se ne è voluta accertare Giulia.
"Sì", ho risposto imbarazzato. Lei se ne è accorta e mi
ha sorriso con comprensione: guarda che è una cosa assolutamente
normale, sembrava volesse dirmi. Poi ha cambiato canale: una studentessa
stava cercando di trovare il coraggio per telefonare a qualcuno.
"E' innamorata?", ha indagato Giulia.
"Sembra", ho risposto in un eccesso di garantismo, "bisognerebbe
vedere cosa succede dopo."
Ma Giulia ha di nuovo cambiato canale: due vecchietti camminavano
mano nella mano verso il tramonto. Altro canale: una scrittrice
parlava del suo ultimo romanzo d'amore.
"Tu sei fidanzato?", ha chiesto Giulia.
"Scaduto il quarto d'ora", ho detto e ho spento la televisione,
"pigiama."
Di solito è Giulia a prendere l'iniziativa: alle dieci in punto
scatta in piedi, si spoglia, si lava, si infila il pigiama, mi da
un bacetto sulla fronte, si mette sotto le coperte, mi racconta
una favola e si addormenta. Durante le operazioni io l'aiuto. O
meglio: lei mi aiuta ad aiutarla. Oggi è voluta andare a fondo nella
questione.
"Sei fidanzato?", ha insistito.
"No", ho detto portandola di peso in bagno.
"E perché non sei fidanzato?", ha detto Giulia, rassegnata
a lavarsi. Sentendo che non rispondevo, ha continuato:
"Scusa, tutti sono fidanzati, la mamma è fidanzata col papà,
lo zio con la zia, il nonno con la nonna..."
"Mettiti il pigiama."
"... in televisione sono tutti fidanzati, tu perché non sei
fidanzato?"
L'ho infilata di forza sotto le coperte.
"Cosa sei, l'unico che non è fidanzato?"
"Adesso devi addormentarti."
"No, aspetta", si è ribellata Giulia. E' scesa dal letto
per augurare la buonanotte ai peluche:
"Buonanotte Giulia, 'notte Giulia, 'notte Giulia, 'notte Giulia..."
Si è rimessa a letto, ma gli occhi le sono rimasti aperti.
"Allora?", mi ha chiesto.
"E tu sei fidanzata?", le ho detto io.
"Sì", ha risposto Giulia, "con te."
"Buonanotte", le ho detto e le ho offerto la fronte. Lei
si è tirata su coi gomiti e mi ha dato il bacetto.
"Buonanotte", mi ha detto.
Ho spento la luce e sono tornato in salotto. Adesso dovevo aspettare
che tornassero i suoi genitori.
La televisione è accesa. L'uomo e la donna di prima si stanno ancora
baciando con immutata passione, la studentessa sta baciando uno
studente, forse quello a cui doveva telefonare, il vecchietto e
la vecchietta stanno quasi per raggiungere il tramonto, sempre mano
nella mano, la scrittrice sta parlando del suo ultimo romanzo d'amore.
Tu sei fidanzato? Perché non sei fidanzato? Tutti sono fidanzati.
Cosa sei, l'unico che non è fidanzato? Allora?
Alle undici arrivano i genitori.
"Dorme?", bisbiglia subito la madre.
"Sì, alle dieci in punto l'ho messa a letto", rispondo
sempre a bassa voce.
"E' andato tutto bene?", chiede il padre.
"Benissimo. Dove siete andati alla fine?"
E due si guardano e i loro occhi fiammeggiano d'amore. Mi sorridono
con complicità e io ricambio il sorriso facendo finta di essergli
complice.
"E quella cos'è?", dice poi la madre notando la bottiglia.
"E' una pozione magica", spiego, "Giulia la voleva
versare sui gerani, ma l'ho convinta ad aspettare domani mattina,
cos le chiede il permesso."
"E cosa c'è dentro?", chiede il padre assecondandomi.
"Uno spaghetto crudo, un pezzo di sapone, un coriandolo e un
petalo di geranio", elenco omettendo whisky e cenere. En quel
momento si sente lo zampetto di piedi nudi sul pavimento del corridoio.
E' Giulia. Si stropiccia gli occhi assonnati e trattiene uno sbadiglio.
"Be'?", dice la madre, "non si dorme?"
"Posso versare la pozione nella terra dei gerani?", chiede
Giulia con uno sguardo che minaccia insonnia in caso contrario.
"Va bene, va bene", sospira la madre, "male più di
tanto non gli farà. Però poi subito a letto."
"Bene", dice Giulia abbrancando a due mani la bottiglia
e dirigendosi implacabile verso il terrazzo.
"Aspetta", dice il padre, "prima di versare devi
esprimere un desiderio: cosa vuoi che spunti?"
Rapida occhiata esperta tra madre e padre: qualunque sia il desiderio,
loro lo esaudiranno costruendo una pianta fruttificata dai desideri
della figlia.
"Una pianta di caramelle?", dice la madre.
"Una pianta di peluche?", dice il padre.
"Una pianta di coriandoli?", dico io.
"No, voglio che spunti una fidanzata per te", dice Giulia
guardandomi.
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