Simone
Colombo
Ecco
un altro bell'esempio di narrativa pop in puro stile 'tina. Un racconto
che prende in prestito un personaggio come Stevie Wonder e lo proietta
in un taxi che attraversa Milano, tra incidenti, lutti familiari e riconciliazioni.
Originale e quasi commovente, questa storia raccontata in quattro quadretti
ha un andamento quasi cinematografico, da cortometraggio. Non a caso questo
testo rappresenta il debutto letterario per un autore abituato a stare
dietro la macchina da presa e a scrivere per lo schermo.
STEFANINO
MERAVIGLIA
"Il
Re"
La constatazione
amichevole tra un taxista sconvolto dalla morte di sua figlia e un nervoso
fattorino fedifrago impenitente.
Quando tamponai "il Re" fu una cosa molto veloce: gli stop sul
retro del suo furgoncino si illuminarono e il muso del mio taxi ci finì
contro. "Il Re" uscì dall'abitacolo e la portiera aprendosi
produsse un secco porcocazzo, per poi rimanere spalancata come la branchia
di un pesce ad annaspare in mezzo ai curiosi. "Il Re" guardò
il danno, ne calcolò a mente l'entità e dette una botta
sonora al muso del mio taxi.
Aveva un paio di comode scarpe da lavoro, dei calzoni in velluto blu navy
a coste, lisi ma molto eleganti, e un piumino senza maniche, di quelli
che conferiscono a chiunque li indossi un'aria molto dinamica.
Il suo sguardo rimase infuriato solo per il breve tragitto tra l'ammaccatura
sul paraurti del furgone e la mia figura seduta al posto di guida con
le mani ancora aggrappate al volante.
Appena incrociò i miei occhi bassi, una brezza di vergogna gli
cancellò il segno del pettine dai capelli e la fronte si lasciò
andare di due centimetri buoni. "Il Re" aveva quegli occhi azzurri
che piacciono alle donne sposate e una madonnina riposava nel triangolo
di petto brizzolato che gli spuntava dalla camicia.
Mi si avvicinò perché abbassai il finestrino, e lo fece
solo dopo aver passato una carezza sul punto dove dalla rabbia aveva rullato
il mio cofano. Il mio odore di vecchio si mescolò allo smog.
Gli parlai. "Il Re" era una persona compassionevole: i suoi
occhi non abbandonarono i miei per un solo istante. Nemmeno li chiuse,
o se lo fece, lo fece mentre li chiudevo anche io. "Il Re" era
senza dubbio un padre di famiglia. I tre passeggeri sul sedile posteriore,
non li notò nemmeno. "Il Re" doveva essere un padre di
famiglia.
Quando finii
di raccontargli di mia figlia, mi rispose:
"In certe condizioni uno non dovrebbe lavorare". Aveva la gola
bassa. Si girò e se ne andò. Sembrava più vecchio.
Stefanino
L'improvvisazione di un giovane astro della musica di tutti i tempi, cieco
dalla nascita, appena prima di diventar famoso, ad un taxista, straziato
dalla morte di sua figlia, che lo sta portando all'aeroporto, appena dopo
aver tamponato un furgone.
Stefanino salì sul taxi prima di suo padre e dopo sua madre. Aveva
un sorriso privo di direzione, dei grandi occhiali da sole e i genitori
lo tenevano per mano.
Io giravo il volante e spingevo i pedali, il padre e la madre di Stefanino
guardavano fuori dai finestrini e Stefanino, tenendo loro le mani, badava
di rimanere nella stretta visuale del mio specchietto retrovisore con
i suoi occhialoni. Mi sorrideva. Guidai lungo viale Abruzzi, viale Gran
Sasso e viale Romagna.
Anche mentre scambiavo quelle quattro parole con "Il Re" Stefanino
mi sorrise senza tregua. All'incrocio con viale Forlanini mi sorrideva
ancora. Poi svoltai a novanta gradi per imboccare la via dell'aeroporto
e un raggio di sole scivolò nel breve spazio tra le lenti scure
degli occhiali e colpì dritto nell'occhio sinistro di Stefanino;
non se ne accorse. Non mi vedeva. Sospirai come quando la giostra del
calcinculo cominciava a rallentare: un ragazzo faceva volare mia figlia
sopra tutti noi, tendendo oltre il limite quegli anellini logori. La catena
non si rompeva e lei senza alcuna fatica si appendeva al codino immobile,
sorridendo ma non a me.
Rallentavamo
e Stefanino bisbigliò qualcosa all'orecchio dei suoi genitori:
il padre si levò il baschetto scozzese prese fiato e cantò
You are the sunshine of my life
That's why I'll always be around
Dalla sorpresa contrassi leggermente i muscoli delle braccia e sbandai
leggermente. Mentre sorridevo imbarazzato attaccò la madre
You are the apple of my eye,
Forever you'll stay in my heart
Cantava e
guardava il marito negli occhi, appena sopra la testa di Stefanino sorridente.
Aveva una bella voce ma non cantava una canzone sua. La canzone non era
nemmeno una canzone del marito e così scomparvero senza gesti plateali.
Stefanino
prese la prima nota fuori da qualsiasi percorso prevedibile; saltò
da un ramo all'altro e si scelse le successive proprio in cima all'albero,
tra quelle meglio esposte al sole. Poi, con lo stesso stupore di chi agguanta
il suo primo fiocco di neve in età ormai adulta, fece capitare
tutto il resto
I feel like this is the beginning,
Though I've loved you for a million years,
And if I thought our love was ending,
I'd find myself drowning in my own tears.
Misi il taxi in folle, spensi il motore e fu come spegnere i fari di notte
con la luna. La strada era dritta e sgombra, lasciai il volante e abbandonai
la testa all'indietro. Rallentavamo. Qualsiasi cosa stesse per raggiungerci
nello specchio retrovisore vedevo solo Stefanino, era una Meraviglia.
Cantava così bene che cantava anche per me.
You must have known that I was lonely,
Because you came to my rescue,
And I know that this must be heaven,
How could so much love be inside of you?
La macchina si fermò a un chilometro dall'aeroporto, sulla destra
a pochi metri dalla strada correva la pista di decollo degli apparecchi.
Era come se mi piombassero addosso facendo un gran rumore e, ogni volta,
all'altezza del mio taxi si sollevavano faticosamente dal suolo.
Love
has joined us,
Let's think sweet love.
La moglie
de "Il Re"
La conversazione
telefonica tra un taxista straziato dalla morte di sua figlia e la moglie
di un fattorino fedifrago impenitente, che ritrova la speranza dopo tanti
anni.
Telefonai
a casa de "Il Re", perché ricordavo il suo numero di
targa e volevo risarcire "Il Re" per il danno dell'incidente.
Mi rispose la moglie, doveva avere i bigodini in testa dopo tanti anni
di rancore arreso. Aspettava "Il Re" che tornava dall'ufficio,
e si faceva bella con la voce trillante.
Mi disse che "Il Re" appena poteva andava a chiodini; partiva
con gli stivaloni di gomma, una cesta di vimini e un forte odore di acqua
di colonia. Tornava con chili di funghi appoggiati su foglie di felce,
gli stivali sporchi di terra e il colletto della camicia di rossetto.
Lei puliva i chiodini, sciacquava gli stivali e sfregava i colletti delle
camicie con una fiacca permanente che gli penzolava sugli occhi.
Quel pomeriggio "Il Re" l'aveva chiamata e le aveva raccontato
dell'incidente, poi di mia figlia e si era sentito strano perché
in occasioni del genere non viene proprio voglia di fare dei figli. Invece
a lui era venuta: le aveva chiesto se facevano in tempo a fare un bambino.
Anche io le chiesi se facevano ancora in tempo: sì, facevano ancora
in tempo. Ne fui contento.
Poi mi disse che il suo amore per "Il Re" le ricordava quando
da piccola aveva insistito in tutti i modi perché suo padre facesse
un buchino sul guscio della sua tartaruga, in modo da poter legarci un
guinzaglio. Il padre aveva preso il trapano e aveva cominciato a forare,
per scoprire subito dopo che il guscio sanguina e le tartarughe non sanno
emettere alcun grido di dolore. Con "Il Re" era lo stesso solo
che la tartaruga era lei.
Per i danni
non dovevo preoccuparmi e infatti non lo feci. Poi mi chiese di mia figlia,
ne fui felice ma non risposi, mi lasciai andare alle lacrime, senza singhiozzi
e senza tirare su con il naso; lei resto lì con me.
Suonò
il campanello, "Il Re" era tornato.
Stefanino
Meraviglia
Un
taxista in pensione a pranzo da un fattorino con la moglie e la figlia
di pochi mesi, in un giorno di festa.
Non ho più fatto il taxista. Per questo ho smontato la luce dal
tettuccio della macchina e gli adesivi dalle portiere, però il
tassametro l'ho tenuto. Quando vado a trovare "Il Re" e sua
moglie, l'ultimo sabato del mese, mi piace accenderlo, mi aiuta.
Mangiamo assieme, "Il Re" e sua moglie parlano molto con la
piccola sul seggiolone; mi indicano e dicono saluta lo zio.
"Il Re" e sua moglie ci sono riusciti veramente. Il che non
era del tutto scontato dal momento che hanno superato tutti e due i cinquanta.
Hanno avuto una bellissima bambina e l'hanno chiamata come mia figlia.
Lei ci si mette d'impegno ma non capisce ancora nulla, allora io la prendo
in braccio e lei ride e tutto ritorna al suo posto.
Quando sono sulla via di casa, in taxi accendo la radio e se ho un po'
di fortuna trasmettono quella canzone che mi ha cantato Stefanino Meraviglia.
Nel frattempo lui è diventato un astro della musica di tutti i
tempi e la canzone è un gran successo che le radio trasmettono
di continuo. Non so se è come credo io: ma mi piace pensare che
quella canzone l'abbia inventata per me quel giorno in taxi. Mi piace
pensare che con quei suoi occhi ciechi abbia avuto la possibilità
di capire cosa stava succedendo nel rapporto tra me e mia figlia, dopo
che mia figlia se n'era andata.
Quando sento quella canzone provo una sensazione strana; mi sembra come
se fosse diversa da quando l'ho sentita la prima volta. Più orecchiabile,
pulita, ma più lontana; ma ripensarci bene è così
anche con il ricordo di mia figlia e non riesco proprio a convincermi
se sia una cosa giusta o meno.
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