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ANDREA DELLA CASA
Certe
volte l'abilità nel raccontare sta nel riuscire a rendere efficacemente
le situazioni più comuni, le traversie quotidiane, i piccoli contrattempi
del vivere (per citare un vecchio titolo minimalista). Quanti di noi non
hanno vissuto l'esperienza frustrante di essere intrappolati al proprio
posto di lavoro quando invece si desidera solo di poter passare tutto
il tempo con la persona di cui ci si è appena innamorati? L'esordiente
Andrea Dellacasa tratteggia perfettamente, e con una dosata ironia, questo
tipo di frustrazione, tutta fatta di sguardi in cagnesco col capo, diffidenza
verso i colleghi e furtivi messaggini telefonici. Un racconto che è
un bell'esempio di semplicità e ritmo. Oltretutto non credevo che
l'inserimento in 'tina potesse suscitare un simile entusiasmo. Quando
ho scritto a Dellacasa che avevo scelto uno dei suoi testi da pubblicare
in questo numero mi ha risposto con una mail talmente esaltata che sembrava
gli avessi appena comunicato la consegna di un Nobel! Abbagli della letteratura
(ma confesso che mi ha fatto piacere).
Mondiali
di Francia
Stamattina
cazziatone.
Lo sento colare non appena tocco la sedia. Non faccio neanche in tempo
a accendere il pc che subito vengo fulminato dal suo sguardo. E' che c'ho
la sfiga di stargli seduto di fronte. Che entro al mattino alle nove e
qualche manciata di secondi e lui è lì che si legge REPUBBLICA
su internet, l'orologio davanti e lo sguardo accusatore pronto, che mi
ricorda che sono le nove e lui è già in ufficio. Che magari
poi chiedo ai colleghi ed è appena arrivato. Che magari poi fino
alle nove e mezza va avanti con REPUBBLICA. Che magari poi, già
che c'è, naviga fino alla Borsa di Milano, che c'ha degli interessi
finanziari da curare, lui. E va beh...lo so che è c'è una
gerarchia da rispettare. Che il capo reparto è lui e lo sciacquino
io. Però... belin!
Alzo lo sguardo dal video e lui mi sta ancora fissando e scuote la testa.
Non è solo accusatore stamane, no...è la santa inquisizione.
Mi si apre sul desktop la videata che ho lasciato lì ieri sera
prima di uscire. Nell'ordine:
Microsoft word - Racconti
do un occhiata in giro per vedere se qualcuno si è accorto di niente
Microsoft Excel - Gestione Magazzino Import
Gestionale Contabile - Videata fornitori
Outlook express
Internet Explorer - Intranet Aziendale.
Controllo che word sia ben nascosto dagli altri programmi, che così
poi mi metto a scrivere che le giornate volano da quando faccio sto corso
di scrittura e finalmente c'ho qualcosa da fare in ufficio.
Apro un documento vuoto e incomincio a pestare sui tasti.
Troppo veloce?
L'oscillazione della sua testa aumenta in intensità e disappunto.
Il telefonino vibra sulla scrivania, che la vibrazione si propaga alla
tastiera del pc fino alle mie dita e così mi accorgo che vibra
vagando tra i fogli posati a casaccio tra il telefono e il video, che
vibra senza suonare ché l'ultima volta che mi sono dimenticato
di mettere il SILENZIOSO e sono andato in bagno e ha squillato, me lo
sono trovato nel cestino della rumenta. Me lo sono trovato.
1 messaggio ricevuto
Il cuore accelera che non l'ho neanche ancora aperto. Va forte che mi
rimbomba fin nelle orecchie. Per fortuna gli altri non sentono niente.
Ma non sono mica sicuro che sia proprio così, che ogni tanto mi
sembra che lo sentano sto cuore che bussa che chiama che vuole tutta la
mia attenzione che insiste, insiste e insiste insiste insiste
Gabry
E' lei E' lei...
Come va? Dormito bene... quei 10 minuti che hai dormito. Baci, G.
Siamo stati fino alle 7 a parlare sugli scogli dal monumento poi l'ho
portata a Recco dai suoi, sono corso a casa, mi sono sciacquato la faccia,
ho fatto casino per far credere a mio padre di essermi appena alzato,
non ho fatto colazione che non avevo fame e sono corso a messa. Quella
delle 8 e mezza che quella delle 8 l'avevo già persa, che lo so
che poi arrivo in ritardo in ufficio che poi lui me la mena ma...è
uguale, sono troppo felice.
Tiro su il telefono e faccio il numero che lo so già a memoria.
1 squillo. CIAO
2 squilli. BACIO.
Metto giù e inizio a lavorare.
Tra una fattura e l'altra faccio capolino su word e cerco di buttare giù
qualcosa di carino per il corso. Ma c'ho la testa piena di fiori e campi
di girasole e un cascinale immerso nel verde e nel giallo dei campi e
nell'azzurro del cielo e dinosauri che inseguono topolini per regalargli
enormi mazzi di fiori e topolini che scappano impauriti dalla mole dei
fiori e dal sorriso dei dinosauri...
Sono passate
due ore.
E i dinosauri continuano a correre in mezzo a campi di girasoli senza
mai arrivare al cascinale all'orizzonte contro il cielo azzurro. Dei topolini
resta solo lo squittio impaurito e felice in mezzo agli steli alti dei
cappelloni tutto clorofilla e sole.
Il foglio di word è rimasto bianco.
Fatture registrate: zero.
Registrazioni di magazzino: zero.
Email/fax letti: zero.
Pratiche aperte: zero.
Devo fare una telefonata.
Una sola. Che non se ne accorge nessuno. Ché devo sentire la sua
voce. Magari diciamo due cazzate così poi riesco a iniziare a fare
qualcosa.
Penso questo mentre il telefonino incomincia a ballare di nuovo in silenzio
sulla scrivania. Questa volta più a lungo. 2 squilli. BACIO.
Allungo una mano e lo prendo che sta ancora vibrando.
1 chiamata senza risposta.
Gabry.
E vai!!!
Alzo il telefono dell'ufficio e chiamo.
1 squillo. CIAO 2 squilli. BACIO. 3 squilli. Capisce che la sto chiamando
e risponde.
Ciao... e mi si squaglia un sorriso ebete sulla faccia che se non volevo
far capire che è una telefonata personale adesso è impossibile.
Parliamo per più di venti minuti, dicendo praticamente niente,
che mi basta il suono della sua voce come carburante. Incastro la cornetta
tra la spalla e l'orecchio e intanto mi metto a registrare fatture. In
venti minuti recupero quello che non ho fatto per due ore.
Non me ne rendo conto finché non metto giù. Che credevo
fosse l'aria condizionata. Che qualcuno l'avesse messa al massimo. Un
belino. Era la sua testa. Che se stavo ancora un po' al telefono gli si
stacca dal collo e parte come quei giochini da spiaggia che si schiaccia
e parte l'elica verso l'alto che se non stai attento ti accechi. E' sempre
più la santa inquisizione. Non lo guardo che mi fa sentire in colpa
anche se poi non è che dovrei mica, che la telefonata mi ha dato
la carica e ora vado che sembro un muletto.
E nonostante tutta quell'aria che il suo disappunto mi tira addosso ci
do dentro e produco come sono settimane che non riuscivo a fare.
5 del pomeriggio.
Fra un'ora si esce. La chiamo di nuovo. Una. Una sola. Ma veloce. Tanto
per dirle ci si vede stasera. Ti chiamo quando esco che ci mettiamo d'accordo,
maporcaputtana mi sente, e stavolta non si accontenta di scrollare il
testone. No. Mi dice ti devo parlare.
Cala il silenzio. Che anche gli altri rallentano quello che stanno facendo,
fingendo però che non si sono accorti di nulla.
Fossimo nel west riccioli di cespugli scivolerebbero spinti dal vento
tra le nostre gambe e folate di sabbia si alzerebbero in lontananza. Qualcuno,
che non si capisce mai chi è, si metterebbe a fischiettare un motivetto
ossessivo.
Si gode il silenzio che è riuscito a creare. Poi parte a mitraglia.
Che ti fai troppo i cazzi tuoi, che guarda che ti vedo che scrivi invece
di lavorare.
Che poi adesso anche ste telefonate. Che non bastavano i tuoi amici che
stai sempre a parlare d'altro, che non parli mai di lavoro. Che ti vedo
poi che non riesci a fare 2 cose insieme e così fai finta di digitare
col telefono incastrato contro l'orecchio.
Che così non va, devi darti una regolata e fare meno telefonate.
Farti meno i cazzi tuoi, e lavorare di più. Che io ti tengo d'occhio,
io.
...e intanto scuote la testa come a dire non ci siamo, così non
va e così l'auricolare che dal 10 giugno, Scozia1-Brasile2 partita
d'esordio di sto mondiale francese, gli penzola giù da un orecchio
e s'infila nella tv modello francobollo che tiene nascosta dal video,
che aperta sembra, vista da lontano, la cornice con la foto dei suoi cari
che forse è proprio così, l'auricolare dondola di disappunto
pure lui. Che ormai lo guardo come se fosse un'escrescenza normale, un'appendice
che ha sempre avuto, e solo, lui, non se n'era accorto. Che poi anche
questo forse è proprio così
E se non ti ci metti d'impegno, guarda che mi costringi a parlare con
Pigi (che il padrone c'ha 40nni e si fa chiamare da tutti con le iniziali
del suo nome PierGiorgio, che è un vezzo del cazzo da padrone,
che gli dan tutti del tu e intanto lui ce lo piazza lo stesso)...Gol..
Palo... Belin che azione...
Il palo arriva a puntino che sono le sei, spengo il computer che lui sta
ancora commentando l'azione, mi alzo e schizzo lontano. Che me ne accorgo
che schiuma, che domani mi dovrò scusare, subire un cazziatone
più serio in pausa caffè, fare mea culpa e simulare un cambio
di rotta, ma ora... ora chi se ne frega, corro che c'ho da andare.
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ALL'AUTORE
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Dicembre 2006
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Intro
FRANCESCA RAMOS
Domenica
FEDERICO MIOZZI
TEMA : “Racconta la tua settimana bianca”
MICHELE ROSSINI
Dentro una batana bianc’azzurra
GIORGIO FONTANA
In tempo di pace
ALESSIO ARENA
Il Santo
NOTE
BIOGRAFICHE
SPECIALE
Visitatore
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