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Ecco per i lettori di 'tina
un piccolo assaggio estratto dal romanzo
Generations of love:

Se proprio dovessi descrivere la mia infanzia con un rumore sarebbe solo un ronzio: quello di un phon.
Il fatto è che mia mamma era una parrucchiera, ma non svolgeva la propria attività in un normale negozio sulla strada, con l'insegna, le vetrine e i poster dell'Helene Curtis sulla porta. No, mia madre esercitava in casa. Aveva adibito un locale del nostro appartamento a negozio. Intendiamoci, era tutto in regola: i permessi del comune, la licenza, le fatture, le tasse. Mia madre non è mai stata una clandestina. Lavorava alla luce del sole, anzi delle lampadine, di casa nostra. Questa sua decisione di svolgere un'attività domiciliare era dovuta, originariamente, all'esigenza di far convivere il lavoro con la cura dei figli ancora piccoli. In seguito, una volta che noi eravamo in età scolare e che avrebbe potuto permettersi di aprire il normale salone, si rese conto che tanto lei, quanto le clienti, erano ormai abituate a questo sistema e che non era necessario cambiare.
La cameretta comune di me e Caterina dava direttamente sul negozio. Fin dall'infanzia i miei sogni sono stati accompagnati dal ronzio degli asciugatori e dal fruscio evocativo dei bigodini fra i capelli. E, soprattutto, mentre gli altri bambini si coricavano al suono di melodiosi carrillon, io facevo il riposino del pomeriggio cullato dai discorsi concitati delle clienti.
Nel negozio di mia madre vigeva un brusio continuo, un torrente di chiacchiere che niente riusciva a contenere, neanche i mezzi meccanici: quando una signora finiva sotto il casco non interrompeva i propri discorsi, alzava semplicemente la voce. C'erano giornate in cui avrei potuto invitare l'intera banda municipale a tenere un concerto nella mia camera, e non avrebbe sovrastato comunque il vociferare assordante di decine di clienti imbizzarrite, fresche di meches o cariche di bigodini sulla testa.
Solo quando l'ultima signora della giornata se ne andava, la casa tornava a essere nostra. L'aria ancora elettrica dall'eco dei pettegolezzi e il rumore dei tacchi sulle scale della cliente che si allontanava (presagio almodòvariano, ora lo riconosco): era un momento magico, di scarto impercettibile fra il pubblico e il privato, fra la lieve tensione di girare per le stanze sotto l'occhio di estranee e la libertà di farlo all'insaputa del mondo. Casa nostra diventava più nostra e noi diventavamo più noi.
L'intimità è un concetto che voi avete sempre avuto gratis.
Io l'ho studiato.
Forse per questo non sono mai stato timido. Mia mamma mi ha educato alla socialità fin dalla culla, tutta casa mia era un corso di P.R. per infanti: Dì ciao alla signora Marisa. Racconta cosa hai fattologhino.gif (7658 byte) all'asilo. Non parlare con la caramella in bocca, che non sta bene. La signorina ti ha fatto una domanda, sù, rispondi, da bravo.
Diplomato in nonchalance prima di cominciare l'elementari. .

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dal Creatore di
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