Ci sono rigagnoli che possono trasformare in fiumi in piena. E’ quello che mi è accaduto con Leonardo Moro: un giorno mi ha mandato un suo racconto da leggere; io gli ho risposto che l’avevo trovato interessante, ma molto acerbo, e che gli consigliavo di continuare a scrivere facendo maggiore attenzione a personalizzare la sua prosa. Da quel momento Leonardo ha cominciato a tempestarmi di racconti. Io all’inizio gli rispondevo, poi però non riuscivo a tenere il ritmo e ho smesso. Però segretamente continuavo a leggere le sue cose. E un giorno ho ricevuto questo racconto autobiografico, in cui lo stesso autore si metteva un po’ in croce, svelando i suoi vani tentativi per essere scoperto, o come scrittore, o come musicista. Si confessava apertamente, ammettendo la sua irruenza (vedi appunto l’episodio del nostro rapporto epistolare), ma anche il suo entusiasmo spontaneo. Mi è parsa la sua prova migliore e forse anche il segnale che cominciasse a trovare la strada giusta da percorrere, come narratore.
UN POMERIGGIO ALLA FELTRINELLI
CON GIANLUCA MOROZZI
CHE PRESENTA IL SUO ULTIMO LIBRO
Mi sveglio con il mal di testa. Colpa della notte passata a vino e chiacchiere con gli altri. Non siamo usciti, avevamo una mezza idea di andare al ristoro delle Fate o alla Scuderia, ma poi abbiamo lasciato perdere e abbiamo optato per la cucina, la nostra cucina, in via Massarenti. Il ristoro delle Fate, non è male come posto, ci siamo anche stati una sera, ci siamo presi del vino e dei formaggi e infatti ci è arrivato un bel conto. Ma si vedeva che era un posto di classe. Alla scuderia ci siamo andati un pomeriggio, in cui non c’era quasi nessuno, verso le sei, un gruppo jazz stava montando. Non mi ricordo come si chiamassero, ma avevano un nome esotico sembravano un gruppo di salsa con quel nome. Così restiamo nella nostra cucina e parliamo delle più disparate cose della terra. Università, ragazze, il solito. Io non sono in serata, anche se nel pomeriggio mi hanno accettato un racconto. Si tratta di una rivista semi-sconosciuta, ma non mi importa, quando mi accettano un racconto mi sembra quasi di essere un vero scrittore. O almeno uno scrittore che vale qualcosa. Ultimamente ho anche preso di mira Tina, la rivista on-line di Matteo B. Bianchi, e gli ho spedito sei-sette racconti. Ma credo che lui si sia stufato di spedirmi commenti, infatti dopo che gli ho inviato il primo racconto e mi ha scritto una lettera in cui mi diceva che ero acerbo, ma interessante, ha smesso di scrivermi lettere come quella, ma io non ho smesso di spedirgli altri racconti. Me lo vedo già Matteo B. Bianchi stufo di aprire le mie mail, con allegato un mio racconto
Come ho detto mi sveglio con il mal di testa. Sul cellulare trovo una chiamata di una certa Chiara. Provo a fare mente locale, ma non mi ricordo nessuna Chiara. Mi sono appena svegliato e butto giù un’aspirina che poi prenderle così fa anche male. Appena sceso dal letto sono indeciso se fare uno squillo anonimo alla vecchia Fra o non farlo per niente. Sentire solo il telefono che squilla e capire che lei capirà. Sono io, proprio io, il tuo unico vero amore. E poi magari mi rifarà uno squillo anonimo. Mi sto infilando le ciabatte e mi suona il telefono. E’ Carlo. Un mio compagno di università. Sta mattina uscivano i voti di uno scritto di letteratura italiana, ma io non mi sono neanche degnato di arrivare in via Zamboni al dipartimento di italianistica, salire le scale e cercare il mio nome nella lista. Per fortuna c’è Carlo.
Ciao – dico.
Oh…hai preso 24. Io 28. – dice
Fantastico. Considerando che avevo studiato quarantacinque minuti per quell esame
Già. Ci vediamo.
Ciao.
Mi infilo le ciabatte e arrivo fino al bagno. Guardo fuori. Bologna è una cappa. Credo che fuori sia un freddo boia, considerando che sta cadendo anche qualche fiocco di neve. In bagno trovo il Fad che è già sveglio da un paio di ore. Si sta radendo. Io mi guardo allo specchio e mi lavo i denti, poi vado in cucina e metto a scaldare un po’ di latte. La tv è accesa su Mtv. In sequenza mi becco, Shakira, 50 cent., e poi per fortuna Richard Ashroft. Mi metto a canticchiare Break the night with colour, mentre lascio cadere dei biscotti del Penny nel latte. Lollo è in camera che sta studiando, ma quando mi sente canticchiare viene in cucina e si mette un po’ seduto con me.
Sono proprio indietro – dice Lollo
Ah…pensa che io ancora devo iniziare a studiare per un esame che ho la prossima settimana – dico.
Lollo fa il DAMS. Mentre io, senza un vero perché sono iscritto a Lettere Moderne. Il Fad viaggia su una media del trenta, a Filosofia. Mentre Cap e Carda, legge e odontoiatria, ancora non hanno dato esami.
Guarda che bella giornata, eh ? – dico a Lollo.
Ormai ci sono abituato – dice Lollo.
Chiara, penso. Ma certo. Chiara. Me la ricordo. Ci siamo conosciuti, se così si può dire, la scorsa settimana. Io ero con gli altri, mentre lei si era laureata quella sera stessa e stava festeggiando con le sua amiche. Chiara era abbastanza ubriaca. Probabilmente si era scolata una Corona o una Red Bull “alcolica”. Avevamo deciso di passare alla messaggeria che fanno al Transilvania, un locale ad inizio di via Zamboni. La messaggeria funziona così, prendi un tavolo, ti danno un numero e poi inizi a inviare e ricevere messaggi agli altri tavoli. Io mi ero alzato, ad un certo punto, per andare in bagno. Ed ecco Chiara che sbronza viene verso di me mi abbraccia e inizia a baciarmi. Un bacio vero. Io non ci capisco niente e mi ritrovo le labbra di Chiara contro le mie.
Ciao – dico
Ciao bellissimo – dice
Ma ci conosciamo ?
(Gli altri nel frattempo sono al tavolo che mi applaudono e mi gridano qualcosa).
No. Mi andava solo di baciarti.
Chiara è visibilmente sbronza. Mi segue in bagno. Me la potrei anche portare a letto.
Ti va di scopare ?- mi chiede.
Sei ubriaca, lascia stare – dico .
Chiara non è nemmeno male. E’ biondina, forse un po’ bassa, ma a tette non è messa male. Chiara mi vuole lasciare ad ogni costo il suo numero. Così ce li scambiano. Poi arrivano le sue amiche, meno sbronze, e la portano via. Io torno di sotto, al tavolo con gli altri e diamo il via ad una notte di cocktail vari e bevande varie, che poi il mattino seguente ti fanno, sempre, svegliare con il mal di testa.
Torno in camera mia e non so bene se chiamare Chiara, ma lascio perdere che non ho voglia di starci a parlare. Nel pomeriggio, alle ore 18.00, alla Feltrinelli ci sarà la presentazione del nuovo libro di Gianluca Morozzi. Sono teso. E anche emozionato. Me lo immagino come una persona estremamente simpatica e alla mano. Mettendo in classifica i suoi libri per ordine di gradimento, metterei al primo posto Despero, seguito da L’era del Porco, poi Luglio, Agosto, Settembre nero, ed infine Accecati dalla Luce. Blackout non l’ho ancora letto, così non posso metterlo in classifica, come non ho letto Dieci cose che ho fatto. Morozzi sarà affezionato a tutti i suoi libri, ma avrà anche lui una classifica personale. Provo ad indovinarla.
1.Despero (perché è il primo. E forse il primo libro non si scorda mai, come il primo bacio, il primo amore e la prima volta, anche se io il mio primo bacio me lo sono dimenticato)
2.Blackout ( perché è il libro che lo ha fatto conoscere al grande pubblico)
3.Accecati dalla Luce ( perché è un libro sui fans del Boss e lui è un grande fan di Bruce)
4.L’era del Porco ( perché è un libro totale e tutti i suoi personaggi precedenti danno il loro meglio. E poi c’è Lajos)
5. Dieci cose che ho fatto e Luglio, Agosto, Settembre Nero ( Si, li metto entrambi al quinto posto, perché sono libri di racconti, ma questo non significa che siamo meno buoni dei romanzi)
Pranziamo con gli altri. Io lavo i piatti, oggi è il mio turno. Ultimamente ho anche mandato dei racconti alla Fernandel, ma loro non mi hanno mai risposto. Magari ho sbagliato indirizzo e-mail, penso mentre insapono una pentola sporca di sugo. Magari, prima o poi, mi accetteranno un racconto alla Fernandel, dal sito Internet sembrano gente a posto. Non credo di sbagliarmi, molte case editrici le capisco dal sito Internet. Certo, magari vogliono i racconti per posta ordinaria e non sopportano quelli che spediscono i racconti per e-mail. Magari per e-mail si possono fare solo gli ordini nel loro catalogo. Sicuro, altrimenti non capisco come non abbiano potuto rispondere a quel capolavoro di racconto che è “ Mentre morivo” o a “ When the stars go blue”.
Allora è oggi il grande giorno ? – dice Carda.
Si, oggi lo incontro – dico.
Bene.
C’è alle sei. Venite ?. Magari se porto gente è anche contento. Faccio una delegazione e poi ci portiamo uno striscione “ Morozzi Fan Club da Via Massarenti”
Non mi sembra una grande idea portare uno striscione ad una presentazione – dice il Fad
In effetti. Sembra un po’ pacchiano- dice Cap.
Forse hanno ragione, se mi presento con uno striscione sembro uno spostato. No, niente striscione. Ma soprattutto niente aria impacciata. Mi faccio firmare un libro. Quale? Despero, il mio preferito. No, c’è ne vuole uno più recente. Ok. L’era del porco. Perfetto. Mi faccio firmare il libro, poi gli chiedo Scusa, per quel libro hai più saputo niente? . No, magari è meglio se non gli lo chiedo, altrimenti pensa che sono uno scrittore ossessivo. Mi ha detto che devo aspettare, almeno due-tre mesi. Sono passati due-tre mesi? No. E allora continua ad aspettare, Morini della malora. Poi gli chiedo, senti ma la ragazza di Despero, quella di cui si innamora il protagonista esiste davvero? Perché è un gran bel personaggio. Poi lo saluto. E il gioco è fatto.
Dopo che ho sciacquato tutti i piatti esco e vado a chiudermi in Sala Borse. Alle 18.00, ci manca ancora un secolo. Entro in Sala Borse. Prendo le scale mobili per andare alle postazioni Internet, mi giro e dietro di me c’è un tipo che mi sembra di aver già visto. Magari lo avrò incontrato in facoltà, penso. Ma no… ci sono andato così poco in facoltà. Cazzo, collego tutto. E’ un cantante. Quello che canta quella canzone “ I bambini fanno oh”. Come si chiama? Ah… sì: Povia. Non lo saluto, perché siamo arrivati in cima e lui è subito catturato da una fotografo e altri signori che lo fanno sedere su una poltroncina e poi iniziano a truccarlo. Credo che debba fare un servizio fotografico. Mi collego a Internet. Controllo la posta. Penso, magari la Fernandel mi ha risposto ha capito che libro fantastico che ho scritto e mi vogliono invitare a cena per parlare della pubblicazione. Ma non c’è questo tipo di e-mail. Non ci sono e-mail. Anzi ne ho una, è la pubblicità di Tiscali. Gran sballo. Così Tina non mi ha risposto. Nemmeno Fernandel mi ha risposto. E neanche Morozzi mi ha fatto sapere niente di nuovo. Gran sballo.
Esco dalla Sale Borse, chiamo Lollo e gli dico prendi un cd e vieni qui, lui mi dice che non ha il cd, ma ha solo il nostro singolo “Poco prima di uscire”, bene dico io, gli dico di correre, perché c’è Povia e potremmo dargli il singolo, lo so che Povia è quello che ha fatto quella canzone della malora, ma che ce ne può importare… magari apprezza lo stesso i gloriosi Ovest Hotel al loro meglio. Lollo per arrivare in Sala Borse ci mette quaranta minuti. Perché era ancora in pigiama e si doveva vestire e perché si era messo a scrivere una lettera per Povia. Saliamo. Povia è impegnato con il servizio fotografico. Aspettiamo che finisca, poi timidamente ci avviciniamo al sommo Povia.
Scusi – dice Lollo.
Si? – fa Povia. Il tono della vece è rassicurante sembra un tipo a posto.
Vorremmo darle un cd – dice Lollo.
Già, un cd nostro – faccio Io.
Benissimo, grazie tante – dice Povia. Sembra contento.
Dentro c’è una lettera – dice Lollo.
I numeri li avete messi ? – dice Povia.
Si, sono dentro. In fondo alle lettera – dico.
Benissimo, quanti anni avete? – dice Povia. Quanti anni abbiamo? E’ una domanda semplice, ma un po’ restiamo spiazzati. Poi diciamo insieme:
Venti.
Bene, Bene, sta sera torno a Milano e vi chiamo subito, lo ascolto in macchina – dice Povia.
Io e Lollo siamo entusiasti. Contenti. Lo salutiamo. Già ci immaginiamo in qualche party dopo un concerto a San.Siro, con qualche modella presa in prestito dalla settimana della moda. Pensiamo che magari gli piace. Sicuro. Sembra uno apposto. E poi “ Poco prima di uscire” è una gran bella canzone, forse è la migliore che abbiamo fatto. Cazzo, ci telefona Povia sta sera. Ci telefona Povia. Io fino a qualche giorno fa cantavo “ I frocetti fanno oh”, perché non lo sopportavo. E adesso lungo via Castiglione mi ritrovo a canticchiare “ I bambini fanno oh”.
Arrivo alle Feltrinelli alle 17.30. Penso che Morozzi sia già arrivato e stia girando per la libreria. Ma non è così. Non è ancora arrivato. Con me c’è Lollo e ci raggiunge anche Carda. Sui banconi della Feltrinelli c’è il nuovo libro di Morozzi, Le avventure dello Zio Savoldi. Intanto che aspetto girò per la Feltrinelli, curiosando. Vedo un libro di Morozzi “Accecati dalla Luce” è infilato, soffocato, nella sua lettera. Così lo prendo e lo tiro fuori, mettendolo in bella vista sul ripiano della M. Faccio la stessa cosa anche con Culicchia e il suo “Tutti giù per terra”. Morozzi ancora non si vede. Trovo i due libri di Matteo B. Bianchi. Anche loro sembrano soffocati tra tutti gli altri della Baldini e Castoldi. Penso a quando Bianchi mi aveva scritto quella lettera che ero acerbo, ma interessante e mi diceva di continuare e provare a scrivere. Così già che ci sono tiro fuori anche un suo libro, prendo “Generations of Love” e lo metto in bella vista sul ripiano della B. Poi vedo anche un libro di Busi “Altri abusi”, in bella vista nel reparto dei libri Mondadori e me lo immagino quando una volto l’ho visto travestito da femmina in un programma su canale 5 di Maria Filippi. Si credeva il dannato Padre eterno e non faceva altro che insultare tutti. Così prendo il suo libro e lo soffoco nel ripiano della lettera B, mettendolo dentro.
Morozzi arriva e si porta dietro un gruppo di persone e non riesco ad avvicinarlo appena è dentro. Tengo ben stretta la mia copia del suo libro e chiedo una penna a Lollo, nel caso Morozzi non dovesse averne una. Alla Feltrinelli per le presentazioni c’è una sala sottoterra, si scende grazie ad una scala a chiocciola. Morozzi è in cima a quella scala a chiocciola. Io sono nel reparto libri sullo sport. Vado. Deciso. Con passo gagliardo.
Vedo un porco – dice Morozzi. Io resto zitto, non capisco. Sembro ritardato. Ah. Si. Sta parlando del suo libro. Quello che ho in mano. L’era del porco.
Si, mi può fare una firma? – dico. Una firma? Cristo Santo. Ma come parlo… Una firma. Si chiama AUTOGRAFO. Santo Iddio. AUTOGRAFO. Non è poi così difficile, Morini della malora. Sembra che sto parlando con un impiegato di banca.
Cosa ci scrivo ?
A Leonardo. Sono Leonardo Moro, non so se….
Ah. Ciao. Come stai ?
Bene. Io. Si.
Borbotto qualcosa. Ci diamo la mano. Sembro uscito da un film demenziale. Che figura di Merda. Penserà che ancora mi faccio la pipì a letto o che ho avuto qualche trauma da piccolo.
Ti hanno fatto più sapere niente per il libro ? – dice Morozzi
No. Ancora no.
Ci vuole tempo. Comunque appena li ho visti a cena, gli ho lasciato il libro.
Oh. Certo. Si. Grazie. Complimenti. Si. Certo. Ciao. Senti.
Qui faccio la parte del ragazzino con seri problemi. Davvero seri problemi mentali. Penso alla ragazza di Despero. Devo chiedergli se esiste davvero . Poi entra una ragazza che saluta Morozzi. Una bionda. Poi arriva un ciccione di cassiere, pettinato con il riporto che si fa fare un autografo con la mia penna e fa i compimenti a Morozzi “Sei fantastico”. Anche io vorrei dire una cosa del genere. Ma non dico altro. Me ne resto in silenzio. Morozzi mi chiede se vado di sotto alla presentazione. Io faccio di si, con la testa. Il ciccione con il riporto si frega la mia penna nera, cioè la penna di Lollo. Io apro il libro e leggo la dedica. “ A Leonardo, e imbocca a lupo. Gianluca Morozzi”. Sono contento in un certo senso. Per quanto sto fuori penso che la bionda che è entrata è la protagonista di Despero, che è venuta a vedere la presentazione. Poi scendiamo di sotto e Morozzi inizia la presentazione con il coautore del libro e un tipo che fa le domande e spiega il libro, un libro sulla passione per il Bologna. Resto a sentire tutta la presentazione e quando hanno finito vado via. Lo saluto da lontano, ma lui non mi vede. Vorrei andare di nuovo là, ma poi penso che mi prenderebbe per uno scrittore esordiente ossessivo. Una commessa della libreria porta un paio di bottiglie di spumante, io mi allontano, mentre Morozzi resta a firmare autografi e a salutare tutta le gente che conosce.
Eh davvero simpatico – dice Carda
Si. Proprio come me lo aspettavo – dico.
Ceniamo con gli altri, io racconto di Povia e di Morozzi. Ma il vecchio Povia non chiama e a quest’ora sarà già arrivato a Milano. Sarà già dentro casa sua. Magari ha gettato il nostro cd fuori dal finestrino o magari ha sdradigato il suo impianto cd e lo ha gettato fuori, sull’autostrada, mancando di poco un camion. Prima di addormentarmi mi torna il mal di testa. Mi rileggo qualche passo di Despero. Prendo il telefono e faccio uno squillo anonimo a Francesca. Ma ha il telefonino staccato. Povia non si è fatto sentire. Prima di addormentarmi tra i denti canticchio “ I frocetti fanno oh”.