OMAGGIO A SEVERINI

GIAN FRANCO GRECHI

Oro di Napoli

L’essere figlio di un medico e la molta intraprendenza avevano permesso ad Antonio Caruana Vico di ben collocarsi tra i propri coetanei. Le sue conoscenze sanitarie, sia pur riflesse, e le proprie vivaci intuizioni gli garantivano una sufficiente capacità di operare provvidi interventi specialmente nei casi di contagi venerei, non insoliti tra i coetanei che s’andavano a coagulare attorno a lui.
Data la distinta posizione famigliare -s’incrociavano in essa discendenze spagnole, da un lato, e dal celebre filosofo, da un altro- non sufficientemente sostenuta da adeguate risorse finanziarie, le opportune soluzioni erano quindi affidate all’abilità dei singoli componenti del nucleo.
Antonio, o meglio Totò, più che gli studi universitari, prediligeva, caso non unico, i piaceri delle buone compagnie. Il ruolo che s’era ritagliato all’interno di esse lo rendeva sommamente gradito. Ma non erano solo le diagnosi ed i consigli a determinare la sua positiva collocazione: il Caruana Vico vi aggiungeva una sicura disponibilità e, non bastasse, una spontanea, contagiante allegria che prendeva forma di pregevoli arguzie che rallegravano i tavoli da gioco ai quali accedeva.

Ma col passare del tempo, conclusi gli studi, il giovane venne a trovarsi innanzi all’urgente necessità di provvedere al proprio avvenire professionale. L’attività di avvocato, alla quale era stato indirizzato, gli pareva soffocante, implicando essa il rituffarsi negli studi, sino a lì coltivati solo quel poco che bastava per galleggiare agli esami.
Le sollecitazioni da parte di brigate alle quali era solidamente aggregato non venivano mai meno, specialmente dopo che il cerchio delle sue conoscenze s’era molto ampliato. Ormai non si trattava solo di ambienti della buona borghesia ma dinnanzi a lui s’apriva anche l’accesso a circoli qualificati ed a case dell’aristocrazia. Se lo spazio di manovra s’era fatto più altolocato, più impegnativo era l’adeguarsi pratico.
L’insofferenza per la costrizione conseguente da un lavoro d’ufficio, la necessità di saldare un grosso debito di gioco determinarono, in accordo con la famiglia, l’allontanamento verso altri lidi.

La grande e fredda città del nord accolse Totò Caruana Vico con quella cordiale disponibilità che da secoli riservava a chiunque vi cercasse ospitalità.
Di giorno, in Borsa, alla sera, il gioco si spostava ai tavolini ove si praticasse il poker. Entrambe le direzioni richiedevano adeguate conoscenze, per fornirsi sicure informazioni sul che fare, nel primo caso, per esservi accettato nel secondo.
Non potendo -viste alcune incresciose pendenze rimaste in patria- usufruire di adeguate commendatizie da parte di accreditanti compatrioti, divenne indispensabile per Totò cercare il modo per supplire alle carenze.

Mentre era stato il caso a mettere in moto un opportuno meccanismo, l’abilità di Antonio rese perfetto il sistema.
Un giorno nelle pagine del più importante quotidiano della metropoli, diffuso anche nel resto della penisola, il Caruana Viso lesse il necrologio di un prestigioso esponente dell’aristocrazia locale. Tra i parenti partecipi al lutto faceva la comparsa anche un amico partenopeo, proprio uno dei più assidui del gruppo al quale don Totò apparteneva.
Naturale conseguenza fu di presenziare alle esequie, non tanto per la speranza di trovarvi il sodale in trasferta, quanto per respirarvi l’aria degli ambienti che gli erano abituali.
Fu -e non poteva essere altrimenti- una bella cerimonia, non certo espressa per i fasti delle gramaglie napoletane ma rivelatrice, all’occhio ormai assuefatto del nostro, di tutti i segni di quanto di meglio si potesse pretendere.
Dall’abitudine quotidiana di lettura dei necrologi ben presto conseguì un progetto che, ben meditato, prese di lì a poco forma adeguata.
Grazie ai buoni uffici d’un compatriota correttore di bozze, impiegato presso il giornalone, Don Totò poté ben presto fruire di tempestive informazioni che, adeguatamente gestite, diedero luogo a luttuose partecipazioni, da parte dell’avvocato Antonio Caruana Vico, quando e per chi ne valesse la pena.

In non molto tempo, il nostro divenne una conoscenza abituale di una moltitudine di avidi cultori di episodica mondana, compresa quella funeraria.
Chi ben fosse quel signore in frequente cordoglio al lato dei più prestigiosi lutti cittadini non era ben noto; era però evidente che fosse amico di scomparsi tutti illustri. E negli addolorati famigliari superstiti, che s’interrogavano su quel nome, alla fine restava la preoccupazione, il timore di manchevoli dimenticanze nel ringraziare, nel porgere attenzione durante le esequie.
Per impadronirsi della parte, spesso don Totò presenziava alle meste cerimonie ed, attento com’era, ben presto si impadronì di fisionomie, onomastiche ed estesi collegamenti famigliari ed affaristici tanto da poterli in seguito giostrare con disinvolta sicurezza.
Gli effetti positivi di tanto impegno incominciarono ben presto a sortire adeguati risultati come quando, in occasione di una presentazione, proprio alla fine di una mesta cerimonia, la controparte, nel sentire il nome di Antonio domandò prontamente:
«E’ lei l’amico di Don Vitaliano Gallarati Gritti di Vallerina e del grande ufficiale Salomone Ancona?».
Dal fulmineo assenso era conseguito, altrettanto rapidamente, un invito.
Dopo non molto tempo, la posizione mondana del Caruana Vico si trovò splendidamente piazzata, propiziandogli adeguate amicizie, capaci di fornirgli sempre più e meglio esatte informazioni in borsa e tanti dovizianti compagni di gioco.

Trentacinque anni dopo, in un sabato di primavera avanzata e precocemente calda, posto tra un giovedì, festa religiosa, ed un lunedì, festa nazionale, un mesto corteo accompagnava il feretro dell’Avvocato Don Antonio Caruana Vico.
Erano presenti giusto i famigliari, i due figli maschi e la tre femmine, una sparuta rappresentanza delle ottime parentele acquisite -un paio di consuoceri, qualche cognata-. Tra i molti amici accumulati in tanti anni di sapiente amministrazione, nessuno aveva resistito alla seduzione offerta dalla serie di ricorrenze. La voglia di vacanza se li era portati via tutti con la sola esclusione del direttore “del più importante quotidiano della metropoli”. Giornale che, proprio per quell’occasione era uscito con più di mezza pagina di necrologi ad inserzione dedicati alle partecipazioni riguardanti il
“lutto per la scomparsa del carissimo amico
Avvocato Commendatore
Don Antonio
Caruana Vico”.


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