THOMAS POLOLI, Kociss, gli eroi del gelato

THOMAS POLOLI

E’ stato Valerio Millefoglie a presentarmi Thomas Pololi, un personaggio che definire curioso Ë assai limitativo. La prima volta che ho assistito a un suo reading Thomas ha letto pagine dei suoi temi delle elementari. Un’esibizione esilarante, da lacrime agli occhi. In seguito ho scoperto che Thomas aveva aperto un blog nel quale ogni giorno raccontava cosa osservava dalla finestra della sua stanza. L’idea Ë piaciuta cosÏ tanto sulla Rete che un editore gli ha proposto subito di farne un libro: altri avrebbero afferrato al volo l’occasione, ma lui ha rifiutato perchÈ “non gli interessava”. Quando ho deciso di fare questo numero di saggi, ho subito pensato di invitarlo a contribuire, sicuro che mi avrebbe sorpreso con qualcosa di molto originale. Non mi sbagliavo: Thomas mi ha inviato un reportage da una micro-fabbrica di gelati, scritto col tono svagato e delizioso di un bambino di fronte ai misteri del mondo.

KOCISS, GLI EROI DEL GELATO

Un giorno passeggiavo vicino al posto dove lavoro e avevo proprio voglia di un buonissimo gelato, così sono entrato in un bar, ho aperto il frigorifero trasparente nell’angolo e in fondo, sotto tutti i gelati della Algida, c’erano delle specie di calippi con delle confezioni di plastica che non avevo mai visto. Si chiamavano Papik e sull’etichetta c’era il disegno di un bambino tutto sorridente. Ho preso quello alla menta, l’ho provato e subito la mia faccia s’è trasformata in quella del bambino sorridente sull’etichetta: “Mio dio, è buonissimo!”, ho pensato. Avevo provato il Calippo della Algida e anche altri molto buoni, quelli tutti succosi e ricoperti di una specie di caramello, ma questo aveva un gusto davvero incredibile, sapeva di VERA MENTA! L’ho subito fotografato e un po’ di tempo dopo ho scritto la mia classifica dei gelati dell’estate in cui al primo posto c’era il Papik alla fragola, al secondo il Solero Exotic e poi altri. Dopo un po’ di tempo, ho cercato su google “Papik” e ho trovato il sito della fabbrica che li distribuisce, la Edogelati. Era un sito bellissimo, con una musichetta tutta allegra e un camioncino dei gelati che si fermava dove puntavi la freccetta e suonava il clackson. Così ho chiamato.

M’ha risposto una ragazza e io le ho detto che ero un giornalista e volevo scrivere un articolo sul Papik perché l’avevo provato e m’era piaciuto moltissimo. “Ma non lo facciamo noi, il Papik”, ha detto lei, “è l’unico gelato che non facciamo noi. Lo fa la Kociss, una ditta di Milano, noi lo distribuiamo e basta”. “Ah davvero?”, ho detto io, e mi sono fatto dare numero di questa Kociss e ho chiamato e ho chiesto al signore al telefono se potevo parlare con il responsabile della produzione e lui ha fatto una risatina e ha detto “Guardi che qui siamo in tre, se viene domani mattina le facciamo vedere come facciamo il Papik e può parlare con chi vuole”, e io ho subito detto di sì e ho preso il suo numero eccetera eccetera, e ho pensato che era tutto davvero stupendo.

La mattina dopo sono uscito dall’ufficio e ho preso un pullman e poi un altro e alla fine mi sono ritrovato davanti al cancello di un palazzo vicino all’università. Tra i nomi delle famiglie, sul citofono, c’era anche la scritta “Kociss”. Ho suonato e una signora m’ha aperto e camminando nel cortile a un certo punto ho sentito questo rumore tipo TUM TUM TUM TUM TUM, così ho seguito il rumore e sono arrivato davanti a una porticina aperta di un seminterrato. Dentro c’era profumo di menta. Cinque o sei persone in camice bianco si muovevano tutte rapide intorno a una piccola macchina industriale. Sono entrato e un tizio giovane con il pizzetto e gli occhiali è venuto da me e m’ha detto “Salve”, e io gli ho detto “Salve, sono Thomas”, e lui ha detto che stavano facendo il Papik e di mettermi nell’angolo vicino alla porta perché lì in teoria non ci potevo nemmeno stare. “E’ per motivi igienici”, ha detto un’altro tutto serio. Allora mi sono messo nell’angolo, vicino a un signore un po’ anziano che prendeva dagli scatoloni le confezioni dei Papik e le impilava in dei tubi che le risucchiavano giù una ad una. Il signore mi ha sorriso e m’ha detto “Una volta non si faceva così, una volta i Cremini si lasciava che si solidificassero e poi lo stecchino lo si infilava dentro a mano!”, poi ha messo altre confezioni perché quelle di prima stavano finendo.

Per un po’ di tempo sono rimasto lì nell’angolo a guardare i signori che lavoravano. Dietro la macchina c’erano delle vasche di metallo, un ragazzo ci girava dentro un mestolo, poi dei tubi portavano l’impasto alla macchina, in una specie di cono tutto coperto di ghiaccio. Lì l’impasto si raffreddava e veniva colato in due Papik alla volta, le confezioni andavano un po’ avanti e degli stantuffi gli saldavano sopra i tappi di alluminio. Alla fine venivano spinte fuori dalla macchina, dove un signore vecchio e un ragazzo giovane le prendevano e le mettevano tutti veloci in una cassa bianca in modo che rimanessero in piedi, perché l’impasto non era ancora solido. Il ragazzo giovane con gli occhiali girava intorno alla macchina e controllava che tutto fosse a posto, e ogni tanto veniva da me e mi spiegava che c’era stato un piccolo intoppo perché le confezioni che gli erano arrivate erano un po’ storte e non entravano bene nella macchina, oppure mi raccontava di come si distribuiscono i gelati, che quello che loro stavano facendo in quel momento in realtà non era il Papik ma il Kociss, che era identico al Papik solo che non si chiamava Papik perché veniva distribuito da un’altra parte e non era commissionato dalla EdoGelati. “Ma chi è che ha inventato il Kociss?”, ho chiesto al signore anziano, e lui ha detto che dopo che l’Algida aveva inventato il Calippo tutte le piccole aziende di gelato avevano iniziato a fare dei gelati simili, perché la gente andava da loro e diceva “Voglio una cosa tipo Calippo”. “Ma il Kociss cos’ha di diverso rispetto al Calippo della Algida?”. “Beh, che noi non utilizziamo aromi. Per fare il Kociss alla menta ci facciamo arrivare una menta particolare dal Piemonte, la Menta Piemonte, la stessa delle caramelle alla menta Ambrosoli, e per i Kociss alla fragola facciamo l’impasto con vere fragole, e per quello al limone usiamo succo di limone…”. “E come mai l’avete chiamato Kociss?”, ho chiesto. Il signore s’è messo a ridere. Ha detto che una volta lui e suo fratello, quello che stava mettendo i gelati nella cassetta, erano andati al cinema a vedere “Kociss l’eroe indiano”, e il giorno dopo erano andati in Comune o qualcosa del genere e avevano chiesto se potevano chiamare la loro ditta Kociss, e quelli avevano detto di sì che bastava registrarsi, e così avevano fatto disegnare il loro marchio, cioè un’indiano con un ghiacciolo in mano, e avevano registrato sia l’indiano che il nome Kociss.

Dopo un po’, la macchina ha cominciato ad andare più veloce e tutti la seguivano molto concentrati, “Abbiamo quasi finito”, mi ha detto il ragazzo con gli occhiali, poi ha preso un Kociss alla menta appena fatto e me l’ha dato, la confezione era un po’ rotta, “Bevilo così, caldo”, ha detto lui, e io l’ho bevuto e era davvero buonissimo, poi il signore anziano m’ha spiegato che il gelato quando ancora non è solido viene chiamato “caldo”. Alla fine i signori hanno pulito la macchina, l’hanno spostata e m’hanno lasciato fare delle foto con loro che fingevano di mettere le confezioni per dare l’idea che tutto fosse ancora in funzione. Il ragazzo m’ha detto di non fotografare una parte della macchina perché quella parte l’avevano fatta modificare apposta ed era una specie di segreto loro. Abbiamo parlato ancora un po’, gli ho chiesto come mai il Papik o il Kociss non li si può trovare facilmente nei bar come tutti gli altri gelati, e se loro avrebbero voluto che invece si trovassero, e il signore anziano ha detto di no, che a loro non interessava competere con le grandi aziende di gelato perché li avrebbero schiacciati subito, perché quelli hanno i manager, le agenzie di pubblicità, i prestiti dello Stato, mentre loro hanno solo quella macchina e se si rompe quella nessuno li aiuta, altro che prestiti dello stato. “Per fortuna che gli oratori resistono”, ha detto, poi.

Ho fatto ancora una foto a tutti quanti insieme, poi al ghiacciolo al cioccolato che hanno inventato loro e si fa col cacao e devo assolutamente provarlo al più presto, poi alla pergamena del Comune che ringraziava Kociss per il sostegno alla giornata degli anziani, “Ci teniamo molto”, ha detto il ragazzo con gli occhiali.

Alla fine, ho salutato tutti e ho pensato che erano stati buonissimi, proprio come il loro Kociss. Era l’una e il ragazzo con gli occhiali m’ha chiesto se avevo mangiato e io ho detto “No”, allora m’ha dato un Kociss al limone e ha detto “Ecco il tuo pranzo”, e ci siamo messi a ridere.