Il convegno dei “Nuovi selvaggi” che si è svolto a Colorno l’ottobre scorso non ha fatto eccezione. Le tavole rotonde mi hanno annoiato a morte, ma in compenso ho avuto l’occasione di rivedere vecchi amici e fare nuove interessanti conoscenze. Fra queste, Piersandro Pallavicini, autore in odore di esordio con un romanzo per Transeuropa e critico della rivista “Pulp”. Con una prontezza ammirevole, dopo una sola settimana dal nostro incontro Sandro aveva pronto un racconto per ’tina.
E si tratta di un racconto quantomeno sorprendente.
Arrivato alle nove, ho completato il giro d’ acquisti che avevo programmato entro le dodici e trenta.
Sono stato in un paio di librerie, quindi in un negozio di dischi (fornitissimo) dalle parti della darsena.
Ho preso una camicia di Dolce e Gabbana, dopo la comparazione di qualche vertrina, in un negozio di via Torino.
Infine, da Hi-Tech, ho comprato un paio di reggilibri in acciaio cromato, tipicamente anni ottanta, scovati nella loro sezione saldi ed offerte speciali. Ora, affamato, salgo al self service sopra il Virgin Megastore, in piazza del Duomo.
Troppo affollato per i miei gusti, mi servo rapidamente ai pochi banchi dove non ci sia coda.
Prendo una semplice insalata, frutta di stagione ed una fetta di torta (strawberry and cheese).
Mi munisco di acqua minerale (a temperatura ambiente, non gassata), quindi pago utilizzando la carta di credito e mi metto a girare tra i tavoli, alla ricerca di un posto decente.
Ne individuo uno presso le vetrate che danno sulla piazza.
Trovo infatti affascinante starmene seduto, mangiare ed osservare la gente che passa in basso, sotto i portici.
Ma, sfortunatamente, il tavolino a fianco è occupato.
Ci sono un paio di ragazze, alle prese con un pasto completo.
«Posso?» mormoro, accennando al mio tavolo.
Sono in piedi di fianco a queste due, col vassoio in mano.
Non mi degnano di un’ occhiata.
Continuano a chiacchierare tra loro, distrattamente.
Irritato, sto per sbottare quando, finalmente, la più giovane (biondissima, sui ventuno, in cachemire beige e occhiali) sposta la sua borsa dalla sedia cui puntavo.
Mi siedo.
L’ altra non alza gli occhi dal vassoio: assaggia una specie di brasato con verdure, fa una smorfia, quindi torna ai suoi fusilli al pomodoro.
Avrà sui venticinque, ventisette anni.
E’ bionda, color miele.
Indossa un completo di scamosciato marroncino, costoso ed orribile.
La giudico immediatamente insopportabile.
Da parte mia, estraggo i libri ed i compact che ho in borsa e li dispongo davanti a me, nella zona libera del tavolino.
Poi, con calma, incomincio a mangiare.
Mentre attacco l’ insalata, do’ un’ occhiata al romanzo di Isherwood (Un Uomo Solo) ed ai racconti di Arbasino (Le Piccole Vacanze) che mi sono acquistato.
Quando l’ ho finita, prima di passare alla frutta, sfoglio la biografia di James Baldwyn (ben rilegata, con ottima sezione iconografica) e mi metto a curiosare nelle note di copertina dei miei CD.
Si tratta del primo album degli Swing Out Sister, del singolo dei Bronski Beat con Mark Almond (I Feel Love), di una raccolta degli Psychedelic Furs e di The Queen Is Dead degli Smiths.
Poi, mentre sto per passare all’ ultimo libro (Il Peso Del Mondo di Peter Handke) ed alla cheese cake, vengo distratto dalle mie vicine.
La loro conversazione, fino ad ora annoiata e frammentaria, si è improvvisamente alzata di tono.
«…fino alle sei dove, di grazia?» chiede la bionda, ironica.
«Sai dove ha la casa Luca, no?» le risponde la biondissima, nervosamente.
«Ma quale casa? Quella di Varese? O quella sul lago?»
«Quella del lago! La villa! Quella vecchia, grossa, in mezzo a tutti quegli alberi…spaventosa… tenebrosissima…» spiega la giovane.
Sta fumando una sigaretta e butta la cenere nel piatto.
Il suo contenuto (un dolce alla crema) non è stato praticamente toccato.
«Si… assolutamente da paura…» commenta l’ altra, alzando le spalle.
«Assolutamente orribile!» concorda l’ amica. Fa un risolino. Quindi prende un lungo tiro di fumo e rimane con lo sguardo perso lontano.
Incuriosito, sfoglio le pagine del libro senza vederle, aspettando che prosegua.
E intanto le spio di sottecchi.
«Beh, è lì che siamo andate giovedì notte» dice quella, alla fine. Fa un altro risolino «O insomma, venerdì mattina. Eravamo con Luca e quelli dell’ università all’ afterhours dello Scintilla…»
«Chissà che favola…» la interrompe la vecchia, impegnata a levarsi un frammento di pelle da un’ unghia.
«Uno svacco. Assolutamente un schifo» dice debolmente l’ amica, stringendosi nelle spalle ed abbozzando un sorriso «Assolutamente da evitare. E infatti alle tre ce ne siamo scappati alla villa. Eravamo una dozzina»
L’ altra fa finta di ridere.
«Oh oh oh, gran situazione notturna!»
«Ma no, non fare la scema, che ti immagini!» dice invece la biondissima, e scuote la testa «Ci siamo… fumati qualcosa, abbiamo acceso il camino… poi Luca ha insistito per spegnere la luce e siamo rimasti seduti davanti al fuoco»
«Situazione caldissima!»
«Giulia, piantala!» dice la giovane. Poi prende un’ altra sigaretta dal pacchetto e tace, giacchè il cameriere è arrivato a togliere i loro vassoi.
«Se lo vuoi sapere» riprende poi, stizzita «siamo finiti a fare una seduta spiritica!»
«Ma dai, Milli!» dice l’ altra e si piega in due dal ridere «Una seduta… spiritica! Ma niente meno! Ma ti prego!»
«Non c’ è niente da ridere…» risponde questa Milli, offesa. Lo dice guardando nella mia direzione.
Io le sorrido, spiritosamente.
Ma credo che non l’ abbia notato. Credo che non mi abbia visto del tutto.
«In quella casa… orribile, c’ era solo da aver paura, altro che ridere» aggiunge, quando l’ altra torna seria.
«Ah, beh, ma mi sembra un’ ottima occasione perchè qualcuno ti venga a confortare, no?» dice la meno bionda.
Fissa la sua amica. Prende il suo pacchetto di sigarette. Lo apre, lo chiude. Lo posa di nuovo.
E continua a fissarla.
«Può essere. Non sò…» dice la biondissima, evitando il suo sguardo, nervosa «So che abbiamo fatto questa seduta attorno a quel gran tavolo di Luca… praticamente al buio… e che sono quasi morta di paura»
«Ma pensa, povera. E il medium? Chi sarebbe stato il medium?»
«Un amico di Luca, di Borgomanero. Quello che fa lettere.»
«Ezio? Quello finocchio?»
La biondissima si stringe nelle spalle.
«Ma si, finocchio, probabilissimo…»
Io alzo lo sguardo dal libro (che tengo ancora aperto davanti per darmi un tono) e le fisso con riprovazione.
«E chi avreste evocato, in definitiva?» dice quella che si chiama Giulia, senza farci caso.
«Si… ha cominciato con quel ragazzo che c’ era al prim’ anno… quello morto in moto quest’ estate…» risponde Milli, con lo sguardo vacuo, rivolto verso il proprio vassoio.
«Che cattivo gusto, però…»
«Si, forse…» dice, alzando le spalle «Comunque non rispondeva, non ne voleva sapere…»
«Appunto, mi pareva… E sarà morta lì, suppongo, la vostra scemata. Mi pareva. Lo sapevo perfettamente…» le fa l’ amica, gelida.
L’ altra, la più giovane, la più bionda, scaglia per terra il suo pacchetto di sigarette.
«No!» esclama «Non sai un bel niente! Perchè poi Ezio ha chiamato lo scrittore. Quello che ci fa la tesi. E quello è venuto, Giulia! Santo Cielo se è venuto!»
Io la guardo, esterrefatto.
Non solo: buona parte del salone si è girata verso di lei, dato che ha praticamente urlato.
Inoltre, vedo benissimo che le tremano le mani.
«Brava Milli, bella scena…» le dice la più vecchia, a denti stretti, disgustata «Fai il piacere di farle da sola, le tue figure da cretina…»
«Giulia, piantala! Piantala!» sbotta l’ altra, con la voce che trema.
Scommetterei che sta per mettersi a piangere.
Mi lascio andare sulla sedia, appoggiandomi sullo schienale.
Intreccio le mani dietro la nuca e mi metto a osservarle senza ritegno.
Accenno persino un sorriso disgustato.
«Giulia, guarda che lo spirito è venuto davvero, sai? Guarda che non dormo da ieri mattina, che sono terrorizzata, ancora adesso… E non dirmi che non si vede, eh? Non dirmi che non si capisce…»
Questa Giulia si sta accendendo un’ altra sigaretta. Non risponde. Alza le spalle.
«Lo sai che non ci credevo, no?» riprende la biondissima, tirando su col naso «Che per me erano tutte cazzate, no? Però l’ altra notte…»
Si interrompe. Le sta tremando il labbro inferiore.
Dalla sua borsetta (una pochette, nera, credo di Prada) estrae un fazzoletto di carta.
Si asciuga gli occhi.
«L’ altra notte cosa, Milli?» le chiede l’ altra, spazientita.
«Ezio ha chiamato quello scrittore… ed è venuto… quello della tesi… quello che hai letto anche tu, a Ibiza, quest’ estate, quando eri a letto con lo sfogo…»
«Tondelli? Ezio fa la tesi su Tondelli?» ride l’ amica «Eh già, ma del resto, una checca isterica come lui non poteva che laurearsi su quel finocchio…»
«Giulia!» le urla la biondissima, facendole cenno di tacere.
Io, offeso, sto per intervenire, visto che sono un omosessuale.
Ma sono scioccato dalla coincidenza.
Si tratta dello scrittore che più amo.
Ieri era l’ anniversario della sua morte.
I libri, i dischi, gli oggetti che oggi ho comprato sono una specie di celebrazione.
Li ho trovati nei suoi testi, citati. A volte esplicitamente consigliati.
«Giulia, ti giuro che non è il caso!» insiste però la biondissima, implorante, prima che io possa dire qualcosa «Non scherzare su quella persona… mi fa paura l’ idea che possa… prendersela, capisci?»
«No Milli, no che non capisco!» le dice adesso la meno bionda, irata «A parte il fatto che quello è morto e quindi cosa vuoi che se la prenda… Ma poi mi sembra che la questione più importante, di giovedì notte, sia un’ altra, non ti pare?»
Con un gesto plateale, la più giovane si prende la testa tra le mani.
«Ma lo sai che è andata via la luce, a un certo punto? Lo sai che il tavolo ha cominciato a tremare?» dice, alzando progressivamente la voce.
La sua amica adesso ride, senza ritegno.
Io la fisso.
Una decina di clienti, in piedi, immobili, col vassoio ancora in mano, fa altrettanto.
«E lo sai che le finestre si sono spalancate, eh?» grida adesso la biondissima, fuori controllo «E c’ è stata una specie di bufera, un vento gelidissimo che soffiava dentro… con delle urla… spaventose… diaboliche… e la roba che cadeva, Giulia, e quel tavolo enorme che si è ribaltato e le persiane che sbattevano a tutta forza e tutti che scappavano…»
Allibito, la vedo scoppiare in lacrime.
Guardo l’ amica, la venticinquenne, la meno bionda. La più brutta.
Si mordicchia la pelle dell’ indice, sopra l’ unghia perfettamente laccata. Tuttavia, noto che le mani le stanno tremando.
«Erano le sei…» riprende la biondissima, cercando di controllare i singhiozzi «Io ho preso la macchina, sono andata a Luino. C’ era una chiesa già aperta… meno male… ci sono stata tutto ieri, senza mai uscire… a pregare… »
Di scatto, la sua amica Giulia si allunga sul tavolino e le da uno schiaffo.
«E già! Brava! Come no!» le grida addosso, alzandosi «E anche Luca, con te, suppongo. A pregare! Tutto ieri e tutta stanotte, pure, visto che stamattina, alle undici non era ancora neanche tornato!»
Prende la sua roba dallo schienale della sedia, furiosamente.
«Stronza…» mormora, allontanandosi quasi di corsa «Grandissima troia…»
Ma, per il mio divertimento, prima dell’ uscita scivola, rischiando di cadere.
Si aggrappa al braccio di un cliente appena arrivato dalle casse, col vassoio pieno.
E, per quanto abbia combinato un disastro (è cascato tutto, con gran fragore), quella non si ferma, esce.
Il cliente (giapponese) è allibito.
Io cerco di trattenere le risate.
Mi sforzo piuttosto di sorridere all’ altra ragazza, rimasta al tavolo.
Ma è come se non mi vedesse.
In lacrime, si versa dell’ acqua, rovesciandola parzialmente.
Beve il bicchiere d’ un fiato, quindi si alza e si riveste, infilandosi un cappotto cammello.
Fa per andaresene.
Io non resisto.
La tiro per un lembo del paltò.
Lei si gira, bocca e occhi spalancati.
«Ma cosa volevate sapere, alla fine?» ridacchio «Il suo colore preferito? O se Thomas esisteva davvero? O se preferiva i Madison oppure i Vondel Park?»
Lei, la biondissima, scuote la testa e boccheggia.
Si fa il segno della croce.
Quindi scappa verso l’ uscita, barcollando come una squilibrata.